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Sud Sudan «Esplode la crisi alimentare»

26 Luglio 2016

DAKAR, Senegal - Se mai fosse possibile, stanno velocemente e ulteriormente peggiorando le condizioni di vita di migliaia di civili in Sud Sudan , teatro di una guerra civile che, tra alti e bassi, dura dalla fine del 2013. Il cibo, infatti, inizia a scarseggiare. «Da quando è ripreso il conflitto – afferma l’Organizzazione umanitaria milanese, Avsi –, duemila bambini e ragazzi della scuola St. Kizito, nella capitale Juba, non hanno più la possibilità di mangiare regolarmente ». Nella stessa situazione si trovano anche «600 famiglie sostenute a distanza in Eastern Equatoria e 100 studenti della scuola tecnica di Bahrgel, nella regione di Lakes», aggiunge l’agenzia Fides che ha ripreso l’appello della Ong. Proprio per questo Avsi ha appena lanciato una nuova campagna con l’obiettivo di acquistare cereali, farina, olio e acqua. Secondo la missione Onu nel Paese (Unmiss), sono state «oltre 300 le vittime degli ultimi scontri a Juba e in altre aree del territorio sudsudanese». Molte persone sono fuggite dalla capitale, mentre sono poche le notizie che trapelano riguardo al resto del Paese. In seguito alle violenze scoppiate l’8 luglio tra i militari alleati al presidente, Salva Kiir, e i soldati sostenitori del vicepresidente, Riek Machar, quest’ultimo è tornato ancora una volta nella foresta, protetto dai suoi miliziani. «Invito Machar a ripresentarsi a Juba entro 48 ore», aveva dichiarato settimana scorsa Kiir. «Tornerò solo se ci sarà una forza multinazionale in grado di garantire la sicurezza mia e dei miei uomini», aveva risposto il nuovo «capo della ribellione». L’Unione Africana sta comunque organizzando l’invio di truppe provenienti dai Paesi della regione come Kenya, Ruanda, Uganda, Etiopia e Sudan. Le dinamiche politiche sudsudanesi rimangono però molto confuse. All’interno del gruppo di insorti chiamato Movimento per la liberazione del popolo sudanese in opposizione (Splm-Io), si è infatti formata una profonda frattura. Il leader Taban Deng Gai, ministro delle Miniere nel fragile Governo transitorio di unità nazionale ( Tgoun), sembra voler rimpiazzare Machar per poter trattare direttamente con Kiir in qualità di primo vice-presidente e, secondo le sue parole, «riportare stabilità e pace in Sud Sudan». In mezzo i cittadini che, a cinque anni dall’indipendenza, pagano ancora gli effetti di un’autentica guerra civile non dichiarata. Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 26 luglio 2016

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