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Zimbabwe, «impeachment per Mugabe»

21 Novembre 2017

«Ha permesso alla moglie di usurpare il potere costituzionale». Secondo lo Zanu-Pf, il partito al potere, questa è la principale accusa che sarà formulata nel dibattito parlamentare di oggi per il quasi certo “impeachment” di Robert Mugabe . Il presidente è infatti il primo sostenitore della candidatura alle presidenziali del 2018 della moglie Grace.

Dopo giorni di inquietudine, tutti si aspettavano la resa finale con il discorso di domenica ripreso dalla TV nazionale. Invece, il dittatore, che da 37 anni occupa con fermezza la poltrona più importante dello Stato, ha dichiarato di voler presiedere il congresso del partito a dicembre. I nodi della crisi politica continuano così a moltiplicarsi: dopo colpi di scena e smentite, sembra che sia pronta una lettera di dimissioni dal governo che garantirebbe l’immunità a entrambi i coniugi. Un compromesso raggiunto dietro le quinte insieme ai vertici dell’esercito e mediato da alcuni esponenti della Chiesa locale. L’obiettivo: evitare di dare l’infamante marchio di «colpo di Stato» ai confusi eventi in corso nel Paese.

«I militari hanno acconsentito alle richieste di Mugabe sulla piena immunità per sé e sua moglie, Grace», ha riferito alla Cnn, una fonte vicina ai negoziati: «Gli accordi prevedono anche la possibilità di mantenere diverse delle loro proprietà. Se Mugabe decidesse di dimettersi – continua a spiegare la fonte –, dovrà spedire una lettera al presidente del Parlamento che, in base alla Costituzione, dovrebbe poi annunciare pubblicamente le dimissioni entro 24 ore». Quest’ultimo assumerebbe il ruolo di «leader ad interim», mentre resta ancora incerta la sorte di Emmerson Mnangagwa, esiliatosi nel vicino Sudafrica dopo essere stato licenziato due settimane fa come vice-presidente per le pressioni esercitate dalla first lady.

Nonostante ciò domenica scorsa la leadership dello Zanu-Pf aveva espulso ufficialmente il presidente Mugabe, 93 anni, e designato Mnangagwa, 75 anni, come il proprio leader. La situazione è quindi sempre più delicata e nessuno vorrebbe un improvviso scoppio di violenze. «Stiamo pregando e lavorando per mantenere il migliore interesse della nazione come priorità – recitava un messaggio diffuso domenica da sei vescovi locali –. Continueremo a promuovere instancabilmente una pacifica fine della crisi per accelerare il ritorno alla normalità ». I leader religiosi hanno invitato la popolazione a esercitare «moderazione e pazienza» durante queste fasi di alta tensione. «È necessario astenersi da ogni illegalità o da qualsiasi azione indiscriminata che possa peggiorare la situazione – continuava la nota –. Ricordiamoci che alle persone accusate di crimini deve sempre essere accordato il giusto processo e la protezione della legge».

Sono invece molto più dure le dichiarazioni di Chris Mutsvangwa, presidente dell’associazione dei veterani di guerra in Zimbabwe. «Richiederemo un ordine del tribunale per far dimettere Robert Mugabe – ha annunciato ieri Mutsvangwa davanti alla stampa –. Il suo tempo è finito e invitiamo la gente a scendere in piazza questo mercoledì». Sabato scorso, decine di migliaia di persone avevano manifestato contro il dittatore nella capitale Harare e nella seconda città del Paese, Bulawayo. Sui cartelloni dei cortei c’erano scritte come: «Bye bye Robert» oppure «Addio nonno ». Urla di gioia e danze erano invece esplose domenica dopo l’espulsione in diretta TV di Mugabe dallo Zanu-Pf.

La comunità internazionale, sia dentro che fuori dal continente africano, è sempre in apprensione. L’ex potenza coloniale inglese rimane infatti cauta nell’analizzare l’attuale scenario. «Come dimostrano gli eventi della notte scorsa, non sappiamo ancora quali saranno gli sviluppi in Zimbabwe – ha riferito l’ufficio della premier britannica, Theresa May –. Appare comunque chiaro che Mugabe abbia perso il sostegno del popolo e del suo partito».

Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE 21 novembre 2017 © RIPRODUZIONE RISERVATA