Centrafrica / Nuove violenze, oltre 30mila in fuga
Continua ad aggravarsi la crisi nella Repubblica Centrafricana. Nuovi scontri nel nord-ovest del territorio hanno infatti costretto oltre 30mila persone a fuggire dalle proprie case . Terribili violenze sono in atto da giorni soprattutto nella cittadina di Paoua. «Per ora abbiamo ricoverato 13 feriti che sono riusciti a raggiungere i nostri centri sanitari – conferma Gwenola François, capo missione dell’organizzazione umanitaria Medici senza frontiere (Msf) –. Una cifra molto bassa se consideriamo il numero complessivo degli sfollati e l’estrema violenza che viene descritta dai nostri operatori».
Diversi sopravvissuti hanno raccontato di «uomini a cavallo che sparavano indiscriminatamente, villaggi incendiati, estorsioni e persone uccise o ferite abbandonate nella boscaglia». I principali scontri sono scoppiati tra gli insorti di Rivoluzione e giustizia (Rg) e il Movimento nazionale per la liberazione del Centrafrica (Mnlc), un gruppo formatosi lo scorso ottobre grazie a Ahamat Bahar, autoproclamatosi il leader. «I ribelli volevano rubarmi il bestiame – afferma Léonard Gangbe, uno dei sopravvissuti curati da Msf –. Sono fuggito solo dopo che mi hanno sparato in faccia causandomi una lacerazione al naso e al labbro». Nonostante i tentativi di avviare un processo di pace e riconciliazione, la situazione nel Paese è sempre più fragile. Il governo del presidente Faustin-Archange Touaderà controlla solo una parte della capitale, Bangui. Nel resto del territorio, le violenze continuano, spesso provocate da scontri tra ribelli anti-balaka, in maggioranza cristiani, e gruppi armati dell’ex coalizione Seleka, in gran parte musulmani. Lunedì è invece iniziata una nuova sessione del tribunale di Bangui per giudicare alcuni criminali tra cui anche Andilo.
Noto con il nome di Rodrigue Ngaibona, questo giovane leader anti-balaka è stato arrestato nel 2015 poiché accusato, tra i vari crimini, di aver attaccato un convoglio della Missione delle Nazioni Unite nel Paese (Minusca) in cui è morto un casco blu. «L’inizio del processo contro Andilo è un passo in avanti – dice Enrica Picco, esperta di politica centrafricana –. Ma aspettiamo ancora che la Corte penale speciale, approvata nel 2015, cominci a giudicare i crimini di guerra in tutto il territorio del Paese».
Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 10 gennaio 2018 © RIPRODUZIONE RISERVATA