Boko Haram libera 104 liceali: «Non mandatele più a scuola»
Liberate dai jihadisti 104 studentesse su 110. Sono questi gli sviluppi del sequestro di massa che Boko Haram ha compiuto lo scorso 19 febbraio nel dormitorio del liceo di Dapchi, una località nel nord-est della Nigeria. Il loro messaggio però è chiaro: «Non mandate più le vostre figlie a scuola». Secondo il leader dell’associazione di supporto per le famiglie, Bashir Manzo, le studentesse, tra gli 11 e i 18 anni, sono state rilasciate ieri mattina dal gruppo Boko Haram.
«Ci hanno riportato le ragazze indietro alle 8 – ha confermato ieri mattina Manzo, la cui figlia era tra le liceali rapite –. I militanti islamici sono arrivati a bordo di nove veicoli e hanno lasciato le studentesse fuori dalla stessa scuola dove erano state sequestrate». La strada era stata bloccata dagli insorti e le ragazze sono scese per riabbracciare le famiglie. «Non so perché ci hanno liberate – ha commentato Khadija Grema, poco dopo essersi ricongiunta con i suoi familiari –. Ci hanno semplicemente detto che eravamo figlie di musulmani». Aliyuna Maina, madre di una studentessa, ha raccontato che «i miliziani, dopo essersi fermati, non hanno salutato o parlato con nessuno. Ci hanno ordinato di far spazio di modo che ogni genitore potesse riconoscere sua figlia, e io ho riconosciuto la mia», ha detto.
Fonti concordanti parlano di quattro studentesse che sono invece «rimaste uccise durante la prigionia» o «schiacciate dai veicoli del convoglio jihadista» durante il sequestro. Le testimonianze, come in molte altre occasioni, variano. La triste notizia è stata però riportata ai familiari. Una ragazza di fede cristiana si trova inoltre nelle mani dei miliziani. «Non è stata liberata perché si è rifiutata di convertirsi all’islam», ha detto ieri il padre della ragazza. Non tutte sono state però ricondotte alla scuola. Alcune hanno preferito scendere prima dell’arrivo per correre direttamente dalle famiglie. Le autorità hanno comunque raccolto l’intero gruppo in un centro d’accoglienza per iniziare il difficile processo di reintegrazione delle studentesse nella società.
«Ci abbiamo messo un po’ a radunare tutte le vittime del sequestro per assicurarci della loro salute – ha confermato ieri Garba Shehu, portavoce del presidente nigeriano, Muhammadu Buhari –. Le abbiamo quindi portate in un posto sicuro per offrirgli le dovute cure mediche ». Secondo il ministro dell’informazione, Alhaji Lai Mohammed, «non è stato pagato alcun riscatto» per la liberazione. C’è però molto scetticismo riguardo a tale proposito. «Se non con i soldi, i terroristi sono stati pagati con la liberazione dei loro compagni imprigionati – affermano gli esperti – . Altre voci parlano di un “temporaneo” cessate il fuoco legato ai continui combattimenti tra l’esercito nigeriano e i guerriglieri di Boko Haram».
Amnesty International, come altre organizzazioni per i diritti umani, hanno invece accusato i militari nigeriani di non aver voluto intervenire per fermare i militanti islamici che si avvicinavano a Dapchi. E sebbene non siano chiari tutti gli aspetti di quest’ultima liberazione, il governo locale aveva espresso la sua disponibilità a negoziare con i rapitori. Le autorità si erano comportate allo stesso modo dopo il sequestro delle 276 studentesse nella cittadina di Chibok quattro anni prima. All’appello mancano ancora 104 ragazze.
«L’EDUCAZIONE OCCIDENTALE È PECCATO»
L’offensiva è iniziata nel nord-est della Nigeria nel 2009. Boko Haram significa in lingua Hausa «l’educazione occidentale è peccato». L’obiettivo è una brutale applicazione della sharia (la legge coranica) nel nord della Nigeria e in altri Stati della regione come Ciad, Niger, e Camerun. Boko Haram ha colpito scuole, cristiani e musulmani, funzionari governativi e militari. Almeno 30mila i civili uccisi
Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 22 marzo 2018 © RIPRODUZIONE RISERVATA