E l’Angola impone la sua moneta
per Avvenire
LOMÉ ( TOGO) I l caso è piuttosto unico, specialmente in Africa.
L’1 ottobre del 2012, il governo dell’Angola ha fatto passare una legge che obbliga le compagnie petrolifere straniere a utilizzare con maggiore frequenza la moneta locale: il kwanza. Questa norma è entrata in vigore verso la metà del 2013 e, secondo gli analisti, «inserirà nell’economia angolana una somma che potrebbe raggiungere 25 miliardi di dollari all’anno». «Abbiamo avviato un processo di dedollarizzazione della nostra economia - ha recentemente spiegato Antonio Andre Lopes, vice governatore del Banco Nacional de Angola (Bna), la banca centrale -. C’è un’alta disponibilità di moneta straniera presso le società petrolifere che ora sono obbligate a pagare in kwanza dopo aver cambiato i loro dollari».
Nello specifico, la legge stabilisce che i giganti del greggio che operano nel Paese - come Eni, Chevron, Bp, Total, e Sinopec - paghino in kwanza le tasse sui propri ricavati. Non solo: i loro fornitori locali saranno remunerati con la moneta angolana, mentre per quelli stranieri dovranno essere utilizzati dei conti aperti nelle banche nazionali.
Con circa 1,8 milioni di barili di oro nero prodotti quotidianamente, l’Angola è la seconda potenza petrolifera in Africa dopo la Nigeria. Circa il 45% del suo Pil dipende dal petrolio, mentre le esportazioni del greggio contano più del 95% delle entrate in valuta estera. «Si prevede quindi un radicale aumento della liquidità per le banche locali e un rafforzamento della moneta nazionale » ha precisato un rapporto dell’Unità d’intelligence della rivista britannica The Economist (Eiu). «Ma si rischiano anche prezzi più alti nel caso i crediti aumentino. Inoltre continua lo studio della Eiu - un’eccessiva liquidità di denaro porterebbe a delle pressioni relative all’inflazione ».
Nel 2012 le tasse legate al settore petrolifero ammontavano a 12,6 milioni di dollari. Una cifra che, se pagata attraverso le banche locali, potrebbe presentare alcuni problemi tecnici. «Questa è una preoccupazione delle società del petrolio poiché si tratta di un grande cambiamento a livello bancario - afferma Joao Fonseca, direttore del Banco angolano de investimentos nella capitale Luanda -. Per i pagamenti così grandi le banche devono prepararsi a un processo rapido e diretto invece che manuale». La Bna ha infatti migliorato il suo sistema bancario con l’obiettivo di assorbire gli eccessi di liquidità, salvaguardare il valore del kwanza e limitare l’inflazione che, a novembre 2014, era stabile al 7.5%. Secondo l’economista sudafricana Kim Polley, tali operazioni rappresentano quindi «un’ottima notizia per le banche angolane. Esse potranno così attingere da una nuova fonte di liquidità, di modo da finanziare maggiormente il settore degli investimenti pubblici e privati».
Il recente calo del prezzo del barile sta però causando gravi difficoltà rispetto a questa nuova direzione finanziaria. Ecco perché l’Angola, come molti altri Paesi africani ricchi di petrolio, sta spingendo sempre di più verso una diversificazione della propria economia.
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