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MALI: Timbuctu, devastata anche la moschea

13 Luglio 2012

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per Avvenire

DA MOPTI (NORD DEL MALI) - Sono le nove di sera a un posto di blocco all’entrata di Mopti, l’ultima cittadina di frontiera che separa il Sud dall’anarchico Nord del Mali. I soldati dell’esercito sono tesi. Tengono stretti i loro Kalashnikov e ordinano ad auto e camion di fermarsi per i controlli: i documenti, le merci trasportate.

Le autorità della capitale, Bamako, hanno stanziato quattromila militari in questa regione, pronti ad attaccare non appena venga comunicato il via libera. Con gli ultimi violenti sviluppi avvenuti nella località di Timbuctu, la minaccia dell’avanzata verso Sud da parte degli integralisti islamici è sempre più concreta. Gli estremisti di Ansar Dine continuano a distruggere le preziosissime ricchezze culturali e storiche di una città che una volta era considerata la principale fonte di turismo in Mali. «Ieri sono venuti con i picconi », ha raccontato un residente di Timbuctu. «Urlavano il nome di Allah e hanno distrutto la porta della moschea di Sidi Yahya». Alcune delle persone che hanno assistito alla scena si sono messe a piangere: l’entrata della moschea era rimasta chiusa per secoli, e «secondo la tradizione, aprendo questa porta sarebbe venuta la fine del mondo», ha spiegato un imam sotto anonimato per paura di rappresaglie. «La distruzione di questi monumenti storici è considerata da tutti un crimine – assicura all’agenzia Fides don Edmond Dembele, segretario della Conferenza Episcopale del Mali –. Inoltre, questi monumenti hanno un ruolo fondamentale nel promuovere il turismo in Mali, quindi al danno storico e artistico si aggiunge quello economico». I fondamentalisti di Ansar Dine, di al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi) e del Movimento per l’unicità e il jihad in Africa occidentale (Mujao) hanno occupato un territorio grande quanto la Francia e giurano di voler portare una cruda versione della sharia fino alla capitale Bamako. Inoltre, hanno minato le periferie di alcune città, tra cui Gao, per evitare che la gente fuggisse.

I guerriglieri del Movimento nazionale per l’indipendenza dell’Azawad (Mnla), una volta alleati degli islamisti contro i sodati governativi, sono ora stati cacciati dal centro di Gao e dall’aeroporto di Timbuctu, entrambe zone che erano sotto il loro comando. Perdendo appunto terreno negli ultimi giorni, hanno chiesto il sostegno della comunità internazionale per combattere i militanti. «La nostra non è una guerra contro l’islam o contro gli arabi», ha detto ieri Musa Agh al-Sarid, portavoce del Mnla. «Andremo avanti verso l’obiettivo dell’indipendenza dell’Azawad che vogliamo sia laico e democratico nell’interesse di tutte le popolazioni residenti ». L’esercito è però molto diffidente nei confronti del Mnla, e non sembra voler accettare che le forze straniere supportino i ribelli indipendentisti. I militari della giunta di Amadou Sanogo, autori del colpo di Stato, oltre a gran parte dei civili, puntano infatti a un intervento militare completamente maliano, evitando il coinvolgimento diretto di altre potenze. «Ci sentiamo traditi dalle Nazioni Unite perché non stanno proteggendo ciò che loro ritengono “patrimonio dell’umanità” – sostiene Drissa Diallo, un residente di Mopti, in relazione agli attacchi di Timbuctu – però, a un problema maliano dobbiamo trovare una soluzione maliana, per questo l’assistenza da parte di potenze straniere dovrà essere solo logistica». Per il momento, l’esercito ha disposto altri due battaglioni nei vicini Niger e Mauritania, entrambi formati da circa mille soldati pronti a penetrare nel Nord. La comunità internazionale dubita però che il Mali sarà in grado di avere successo se deciderà di agire da solo.

L’ESCALATION: il Nord fuori controllo: la ribellione dei tuareg poi l’avanzata qaedista

Q uella che è considerata la quarta ribellione tuareg nella storia moderna del Mali è formalmente iniziata il 16 gennaio quando un gruppo di ribelli ha attaccato alcune basi militari nel nord. L’esercito maliano, scarsamente equipaggiato, si è presto trovato in difficoltà. Dopo un’accesa discussione tra governo e soldati sulla gestione del conflitto, una giunta militare formata da militari di basso rango ha annunciato il colpo di Stato il 22 marzo. L’ex presidente Amadou Toure è fuggito all’estero con la famiglia qualche settimana dopo. Il 6 aprile i ribelli tuareg del Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad (Mnla), sostenuti da altri insorti qaedisti, hanno dichiarato l’indipendenza per il Nord. Il 12 aprile Dioncounda Traore, è stato nominato presidente ad interim, ma una folla che protestava contro il suo mandato è entrata nel suo ufficio aggredendolo fisicamente. Il presidente è stato ricoverato a Parigi dove probabilmente si trova tuttora. A fine giugno, diversi scontri tra i gruppi di ribelli hanno portato alla sconfitta del Mnla. I fondamentalisti di Ansar Dine hanno quindi distrutto diversi mausolei a Timbuctu, dando prova di poter espandere la loro ribellione verso sud.

 

 

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