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Allarme dall'Africa, farmaci contraffatti

30 Marzo 2009

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per Avvenire

Speculazione sui poveri con i farmaci contraffatti - Allarme dall’Africa: venduti prodotti inefficaci o tossici

DA KAMPALA (UGANDA) - una delle speculazioni più odiose. Perché condotta let­teralmente sulla pelle dei malati, dei bisognosi, dei più po­veri. E perché, oltre a illudere e fa­re perdere tempo prezioso di cu­ra, spesso mette a rischio la vita stessa delle vittime.

Quella dei farmaci contraffatti ( 500 morti l’anno nel mondo) è u­na nuova piaga che minaccia l’A­frica. Si considerano tali « le me­dicine che, intenzionalmente e dolosamente, non concordano con provenienza e descrizione ri­portate sull’etichetta o sulla con­fezione » . Sebbene non sia ancora stata formulata una definizione soddisfacente a livello interna­zionale, quella fornita dall’Orga­nizzazione mondiale della sanità ( Oms) è attualmente la più consi­derata.

Il Center for Medicine in the Pu­blic Interest ( Cmpi), un’organiz­zazione indipendente di ricerca­tori, stima che globalmente il gi­ro d’affari della contraffazione di farmaci sarà di 75 miliardi di dol­lari nel 2010, il doppio rispetto a quello del 2005. Dall’Asia, da cui erano partiti i primi drammatici allarmi, questo fenomeno di na­tura criminosa si è trasferito nel Continente nero, dove la popola­zione ha disperato bisogno di me­dicine e molti governi non dimo­strano un serio impegno nel com­battere il traffico. Aggravato dal fatto che la scarsità di risorse spin­ge molte persone a rivolgersi al mercato nero, dove i rischi di im­battersi in prodotti non sicuri è altissimo.

La situazione è doppiamente gra­ve. Da una parte, secondo l’Oms, circa il 60% dei farmaci che arri­vano nel Continente sono inutili o inefficaci – in quanto pensati per curare patologie tipiche dell’Oc­cidente – oppure scaduti. D’altra parte, cresce appunto il fenom­e­È no delle truffe, che può assumere varie forme: c’è chi produce ' fal­se' medicine con acqua, zucche­ro e amido, quando non sostanze tossiche; ci sono industrie che per risparmiare riducono la quantità di principio attivo o limano le do­si; c’è infine chi acquista partite in scadenza e cambia le etichette. « I contraffattori sono diventati molto bravi a imitare le confezio­ni originali » , spiega Albert Wertheimer, farmaco- economi­sta all’americana Temple Univer­sity. In Africa, ad esempio, sono già state trovate perfette imita­zioni dei prodotti della Hol­leypharm, che produce antimala­rici nella sua fabbrica di Chong­qing, nella Cina centrale. La mag­gior parte delle medicine ' false' sembrano appunto provenire dal grande Paese asiatico, che nel campo dei farmaci ricopre un ruolo ambiguo: secondo gli e­sperti, infatti, le fabbriche cinesi sono le più legittimate a produr­re farmaci grazie alla cultura mil­lenaria legata anche alla medici­na tradizionale, ma nello stesso tempo il governo di Pechino fati­ca a contrastare il fiorente merca­to dei medicinali fasulli. Nel 2007, è stato addirittura giustiziato un ufficiale governativo che ne ave­va sdoganata una grossa par­tita.

I farmaci arri­vano anche da India, Europa e Stati Uniti. Un recente studio pubblicato sul­la rivista scien­tifica ad acces­so libero PLoS ha documenta­to come un’in­gentissima quantità di antimala­rici contraffatti si trovi ormai dap­pertutto in Africa. I test afferma­no che il 35% dei medicinali ven­duti in sei Paesi ( Uganda, Kenya, Ghana, Nigeria, Ruanda, Tanza­nia) non contiene sufficienti prin­cipi attivi o che essi non si assi­milano in maniera adeguata. I­noltre, il 78% dei farmaci è costi­tuito da monoterapie a base di ar­temisia, la pianta che costituisce il principale ingrediente per com­battere la malaria.

Ma dal gennaio 2006 l’Oms ha vie­tato l’uso di monoterapie, inti­mando alla case farmaceutiche di produrre antimalarici composti da una combinazione di diverse molecole. Nel maggio 2007, la stessa Oms è riuscita a bloccare ufficialmente il commercio di mo­noterapie a base di artemisia, tut­tavia solo 40 su 74 aziende a livel­lo mondiale ne hanno interrotto la produzione. E 42 nazioni, 18 delle quali nell’Africa subsaharia­na, permettono ancora alle case di vendere tali prodotti. « I farma­ci scadenti – ha dichiarato Roger Bate, dell’American Enterprise In­stitute, responsabile della ricerca citata – non solo mettono in peri­colo la salute di oggi, ma rischia­no di rendere i parassiti resisten­ti ai trattamenti antimalarici di domani » .

Vi è poi il capitolo delle cure per l’HIV/ Aids e la tubercolosi. E a ta­le proposito si collega il fatto che sempre più case farmaceutiche svolgono le sperimentazioni dei loro farmaci nei Paesi in via di svi­luppo, dove le garanzie e le pro­cedure sono molto allentate, se non annullate. In febbraio una corte statunitense ha accolto il ri­corso di alcune famiglie nigeria­ne intenzionate a fare causa alla Pfizer, accusata della morte e del­le lesioni di decine di bambini re­clutati per un test durante l’epi­demia di meningite del 1996, che uccise dodicimila persone in sei mesi.

L’antibiotico sperimentato su 200 piccoli nell’ospedale di Kano, il Trovan, fu somministrato senza il consenso dei genito­ri.

Molti di questi bambini presentano tuttora ce­cità, defor­mazioni corporee e danni al cervello. Il colosso far­maceutico ha dichia­rato che i test furono effettuati con l’assenso del governo nigeriano e che le famiglie vennero preventi­vamente informate.

Sperimentazioni del genere sem­brano essere sempre più fre­quenti, e se anche il paziente dà il suo consenso, secondo un dossier della rivista Popoli e Missioni, « le informazioni riguardo al farmaco sono sommarie, il controllo tera­peutico è insufficiente, e il bene­ficio per il paziente e per la popo­lazione è di solito scarso » .

All’ultima conferenza internazio­nale sulla salute pubblica dei mi­nistri della Sanità africani (Camh), i trial clinici sulla popolazione a­fricana da parte di aziende occi­dentali sono stati definiti l’enne­sima «manovra spregiudicata del­l’imperialismo » . Le case fanno pressione sui governi affinché dia­no il via libera alle sperimenta­zioni sui loro cittadini. E non so­no rari i casi di corruzione dei re­sponsabili medici e politici.

Si sta spostando dall’Asia al Continente nero il traffico criminale dei medicinali scaduti oppure riciclati, prodotti senza principio attivo o addirittura con sostanze nocive. Un fenomeno favorito dal mercato nero

L’OMS: MOLTE VITTIME IN MENO SE LE CURE NON FOSSERO SCADENTI

È molto difficile avere dati attendibili sulla diffusione dei farmaci irregolare. Secondo l’Oms, nel 2006, il 30 per cento delle medicine vendute in Africa era contraffatto. In almeno sei Paesi africani ( Uganda, Kenya, Ghana, Nigeria, Ruanda, Tanzania), circa il 35% dei farmaci contro la malaria risulta di scadente qualità. L’Organizzazione mondiale della sanità ritiene che 200mila morti provocate dalla malarie potrebbero essere evitate se i farmaci non fossero falsi e inefficaci ( e sicuramente vi sono decine di morti ogni anno per medicinali scaduti o tossici). Secondo la International Narcotic Board, nel 2007 sono state intercettate 30 tonnellate cubiche di medicinali che contenevano sostanze pericolose per la salute. Per quanto riguarda l’altro fronte di allarme, dei 100mila test clinici condotto ogni anno nel mondo, il 20% viene effettuato in Paesi in via di sviluppo. Secondo il Duke Clinical Research Institute ( Dcri), dal 1995 al 2005, sono raddoppiati i test clinici condotti all’estero senza garanzie sufficienti.

« SE LA GENTE PERDE FIDUCIA RITORNA ALLA MEDICINA TRADIZIONALE »

Cina, India, Europa e Stati Uniti sembrano usare Dar es Salaam quale porta d’ingresso in Africa per i farmaci contraffatti. La maggior parte dei prodotti pericolosi che sono venduti al mercato di Kariakoo, nel centro della capitale tanzianiana, è costituita da varie imitazioni di medicinali acquistate da consumatori inconsapevoli. « Le persone sono interessate al profitto, ma qui si parla di diritti umani negati » , ha dichiarato Edith Ngirwamungu, presidente della Medical Association of Tanzania.

Secondo Ngirwamungu, con così tanti casi di contraffazione, i cittadini rischiano di rinunciare per sfiducia e rassegnazione a farmaci di vitale importanza, come gli antiretrovirali per l’Aids, e parte della popolazione torna a curarsi con la medicina tradizionale. « Abbiamo trovato che la maggioranza dei farmaci del Paese non ha qualità sufficiente » , ha detto recentenmete Hussein Kamote, della Confederazione delle Industrie della Tanzania ( Cti), che ha pubblicato una dettagliata relazione sul mercato illegale. I ricercatori hanno perfino trovato farina nelle capsule degli antimalarici. Nel 2006, Interpol, Oms e alcuni ufficiali governativi hanno testato medicinali venduti nelle farmacie e nei mercati tanzaniani. Sono stati così scoperti 200 casi di vendita illegale, confiscati 100 prodotti contraffatti e chiusi 22 negozi.

«Più controlli. E lotta alla miseria» intervista

Il medico italiano Andrea Bornati, a lungo attivo in Uganda: quando non si hanno mezzi, ci si accontenta di tutto

DA KAMPALA

A ndrea Bornati, a­natomopatologo all’ospedale Sacco di Milano, ha passato cin­que anni in Uganda come operatore umanitario per l’organizzazione non go- vernativa Avsi.

Secondo varie ricerche, il fenomeno dei farmaci contraffatti si è spostato dall’Asia all’Africa. In U­ganda ha avuto esperien­ze al riguardo?

L’organo dell’Oms deputa­to a monitorare tale feno­meno riporta dati molto vari. A mio avviso, è più corretto pensare che tutti i mercati in cui non è isti­tuito un controllo forte­mente regolato sui farma­ci possano essere soggetti a tali abusi. Personalmen­te, in Uganda sono spesso entrato in possesso di far­maci dalle confezioni più disparate, soprattutto ' Made in India', e pur­troppo non avevo modo di controllarne la qualità né la reale provenienza. In tanti Paesi africani le me­dicine vengono vendute da chiunque. Spesso ci si ritrova davanti uno scato­lone da mille compresse e a un addetto alla distribu­zione che avvolge in un pezzetto di carta di gior­nale le tre pastiglie di cui si ha bisogno...

Quali strategie bisogne­rebbe adottare per limita­re il commercio dei far­maci contraffatti?

È necessario un ferreo controllo delle aziende e della qualità dei loro pro­dotti. Inoltre, si dovrebbe insegnare ai pazienti che come acquirenti hanno tutto l’interesse a esigere prodotti che siano davve­ro efficaci per la salute. Mentre in Uganda molte persone, a causa delle loro difficili condizioni, si ac­contentano di qualsiasi cosa si dia loro.

I governi africani guada­gnano da questo mercato o sono soltanto le case far­maceutiche a trarne pro­fitto?

Direi che i governi africa­ni hanno solo da perdere. Sono gli spregiudicati traf­ficanti che conducono i lo­ro affari in modo disuma­no a guadagnare davvero. Sono i singoli o le organiz­zazioni malavitose che fanno soldi sulla pelle di chi poi, per colpa di una medicina tossica, perde la vita.

Quali sono, a suo avviso, le strategie che la popola­zione locale dovrebbe a­dottare per limitare i dan­ni provocati dai farmaci contraffatti?

Molte persone che visita­vo potevano permettersi solo un certo numero di pastiglie per qualsiasi te­rapia. A volte si rivolgeva­no a venditori che davano medicine fatte di zucche­ro. Sarà banale, ma credo che la radice del problema risieda nella povertà di u­na nazione. In tanti Paesi, le necessità, la storia, la miseria hanno portato a un mercato dei farmaci as­solutamente privo di re­gole: nessuna ricetta, nes­sun controllo sull’acqui­rente o informazione sul venditore. Di qui discen­dono tutti i danni reali e potenziali.

 

Matteo Fraschini Koffi

 

 

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