Il Mali è sull’orlo del collasso La piazza preme: «Via Keita»
DAKAR, Senegal - Quattro morti, 70 feriti e centinaia di arresti. Dopo un fine settimana di fuoco nella capitale maliana, Bamako, come in altre città del Mali, le autorità locali, la comunità internazionale, e alcuni leader dell’opposizione fanno appello alla calma. Il Paese sembra infatti sull’orlo dell’anarchia a causa di una serie di proteste contro la corruzione e l’insicurezza.
«Siamo molto preoccupati per quello che sta succedendo in Mali – hanno affermato in una nota l’Unione Africana, la Comunità economica dei Paesi dell’Africa occidentale (Ecowas), le Nazione Unite e l’Unione Europea –. Condanniamo con vigore ogni forma di violenza come mezzo per uscire dalla crisi». Il presidente maliano, Ibrahim Boubakar Keita (più noto con le iniziali Ibk) si trova alle strette. Il sostegno che gli sta dimostrando la comunità internazionale potrebbe non bastargli. Gran parte della popolazione, infatti, è decisa a scendere in piazza anche nei prossimi giorni per costringerlo alle dimissioni.
«Siamo davanti a una crisi di legittimità istituzionale – affermano gli esperti –. I passi che Ibk sta facendo per abbassare le tensioni con l’opposizione non funzionano». Il Movimento 5 giugno, con il controverso imam Mahmoud Dicko, sta rifiutan- do ogni sorta di compromesso. Ibk ha infatti offerto sette seggi in Senato per l’opposizione, sciolto la Corte costituzionale che ha accettato le irregolarità commesse durante le elezioni legislative di aprile, e proposto un accordo di unità nazionale. I manifestanti hanno risposto a partire da venerdì scorso con una breve occupazione del Parlamento e degli uffici della televisione nazionale, l’incendio di diversi edifici, e il lancio di pietre contro
le forze dell’ordine. «C’è troppa corruzione in questo Paese – urlavano i dimostranti –, Ibk deve andarsene ». Nonostante la recente nomina di un capo anticorruzione assegnata al procuratore, Mahamadou Kassougué, il Mali è stato marcato durante l’amminstrazione Keita da molti scandali. Centinaia di milioni di dollari sono stati illlegalmente sottratti allo Stato da persone vicine al potere e coinvolte nei settori agricolo, energetico, minerario e immobi-liare dell’economia locale. Inoltre, le regioni centrale e settentrionale del Paese sono un teatro sempre più allarmante di traffici, massacri, sequestri e scontri armati tra gruppi jihadisti, milizie locali, e militari maliani e stranieri. In questo scenario, sia il capo dell’opposizione, Soumaila Cisse che diversi ostaggi stranieri tra cui gli italiani, padre Pierluigi Maccalli e Nicola Chiacchio, rimangono tuttora nelle mani dei jihadisti.
Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 14 luglio 2020 © RIPRODUZIONE RISERVATA