Ebola, massacrati in Congo altri tre operatori sanitari
Le violenze continuano nella Repubblica democratica del Congo minacciata dall’ebola. Altri tre operatori sanitari sono stati assassinati ieri in attacchi lanciati da ribelli e civili contro due centri adibiti alle cure per le vittime dell’epidemia e collegati all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). E le organizzazioni umanitarie hanno infatti iniziato a evacuare il loro staff.
«Si tratta di un enorme passo indietro rispetto alla lotta contro ebola», ha spiegato ieri Jean-Jacques Muyembe, funzionario congolese a capo della squadra che si occupa della strategia di risposta al virus. «I ribelli Mai Mai hanno preso di mira nello stesso tempo i centri sanitari per l’ebola a Mangina, nel Nord Kivu, e a Byakoto, in Ituri. Stiamo eradicando la malattia – ha continuato Muyembe –, ma questi attacchi rappresentano dei grandi ostacoli per il nostro lavoro». Da quando è scoppiata nell’agosto del 2018 la decima epidemia in Congo dagli anni Settanta, sono «2.199 i morti e oltre tremila i contagi». Una serie di fattori legati al contesto sul terreno sta però rendendo molto difficile riuscire a sconfiggere il virus. La gente del posto e i gruppi armati sono sempre più agguerriti contro gli operatori sanitari. C’è chi considera ebola una «malattia portata dall’Occidente».
Nel caso dei gruppi armati, invece, si tratterebbe di una scusa per impedi- re alle autorità di interferire con il commercio illegale delle risorse naturali presenti nel vasto sottosuolo congolese. Altri si affidano inoltre a credenze ancestrali che giudicano ebola una sorta di «punizione divina» da cui non si può guarire. Il comportamento sospettoso provoca quindi rivolte contro chi vuole invece, semplicemente, salvare delle vite umane. «Per la prima volta abbiamo subito un vero e proprio attacco contro le nostre strutture – ha commentato ieri Margaret Harris, portavoce dell’Oms –. Dopo ogni episodio di violenza vediamo però aumentare i contagi». Il nuovo governo, insediatosi quest’anno, ha permesso l’uso di un secondo vaccino sperimentale. L’obiettivo è di immunizzare decine di migliaia di persone con la speranza di limitare
i contagi non solo in Congo, ma anche nei Paesi limitrofi. Le attività delle agenzie umanitarie non riescono però a procedere a pieno regime. Le aggressioni costringono gli operatori sanitari a cominciare ogni volta da capo per riconquistare la fiducia della popolazione locale. «È un peccato, le violenze contro di noi aumentano proprio ora che i contagi cominciano a diminuire – ha confermato lunedì scorso l’organizzazione non governativa, Medici senza frontiere (Msf) –. Abbiamo avuto solo 70 casi di contagio ad ottobre ». A causa dei livelli di insicurezza, l’Oms ha trasferito 49 operatori del proprio personale. Altre agenzie umanitarie hanno fatto lo stesso.
Un’altra insidia, però, incombe: la più grande epidemia di morbillo al mondo, che da mesi sta seminando terrore. «Tra gennaio e ottobre sono morte oltre 4.700 persone nelle 26 province congolesi – ha rivelato l’Oms –. Mentre sono almeno 233mila le persone contagiate dalla malattia quest’anno».
l triste record dell’Africa occidentale
In Africa, tra il 2013 e il 2016, si è verificata la peggiore epidemia di ebola della storia. Oltre 11.300 persone sono rimaste uccise in Africa Occidentale, soprattutto in Guinea (Conakry), Liberia e Sierra Leone. L’epidemia ha colpito più di 28mila persone. Alcuni contagi sono stati registrati anche in Nigeria, Senegal e Mali. Il virus ha inoltre colpito persone italiane e spagnole e uno statunitense. I sopravvissuti al contratto con il virus, circa 17mila persone, hanno invece registrato gravi traumi. Un radicale aumento di risorse, unito a una vasta operazione di sensibilizzazione da parte delle agenzie umanitarie, ha permesso una graduale riduzione dei casi fino alla totale sconfitta dell’epidemia.
Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 29 novembre 2019 © RIPRODUZIONE RISERVATA