«Il Sahel è sempre tema rilevante per l’Ue»
DAKAR, Senegal - A margine dell’annuale Forum internazionale di Dakar sulla pace e la sicurezza in Africa, tenutosi nella capitale senegalese lunedì e martedì, Emanuela Del Re, Rappresentante speciale dell’Unione Europea per il Sahel
, ha spiegato ad Avvenire le sfide più recenti che i 27 Paesi europei stanno affrontando in questa regione.
Qual è stata l’atmosfera al Forum di Dakar?
Il Forum di Dakar, ormai un appuntamento molto importante non solo per gli africani ma anche per gli europei, ha dimostrato quest’anno un’alta partecipazione a livello globale: oltre a vari presidenti africani, c’erano anche rappresentanti del Giappone e dei Paesi arabi come l’Arabia Saudita. Questo Forum ha quindi la funzione politica di ribadire l’importanza del dialogo e soprattutto delle partnership tra i diversi Stati. Si tratta di un’occasione molto particolare attraverso la quale si può innanzitutto imparare molto.
L’attenzione dell’Ue rispetto al Sahel è quindi rimasta alta nonostante il conflitto in Ucraina?
L’Ue, che ho avuto il piacere di rappresentare quest’anno al Forum di Dakar, è un attore assolutamente imprescindibile in tutti i processi africani. Penso che mai come in questo periodo ci sia stato un interesse così forte da parte dell’Ue nei confronti del Sahel. Anche i Paesi baltici, apparentemente lontani da questa realtà, stanno dimostrando una grande attenzione al Sahel, partecipando a diverse nostre missioni e al dibattito politico legato a questa regione. Questo significa che il Sahel è un tema assai rilevante per l’Europa.
I vari Stati europei sembrano però avere anche degli interessi differenti rispetto al Sahel...
Certo, ognuno ha le sue prospettive, per esempio da parte di alcuni Paesi europei c’è un forte interesse a tenere sotto controllo la presenza russa nel Sahel. Stati come Spagna e Italia hanno interessi legati anche alla prossimità geografica perché le dinamiche interne al Sahel, rispetto soprattutto al crimine organizzato e al terrorismo, rischiano di avere un impatto anche sui nostri territori. Alla base è comunque giusto interessarsi al Sahel per aiutare a portare pace e stabilità.
Con il Mali, teatro di due recenti colpi di Stato e della avanzata jihadista, l’Ue che tipo di rapporto ha?
Il Mali resta un Paese centrale per le dinamiche regionali e globali, continuerà ad essere un Paese difficile perché il dialogo continua ad essere complesso. Quello che ho sempre suggerito ai 27 Paesi europei, che ho l’onore profondo di rappresentare, è di mantenere un atteggiamento basato sul principio di «fermeté sans fermeture»: rimanere quindi decisi su certe questioni, continuando a chiedere che vengano risolte senza intralciare il nostro partenariato, ma allo stesso tempo non essere chiusi perché non possiamo interrompere il dialogo con il Mali. Sono inoltre molto fiera di aver aperto nel 2021 la prima ambasciata italiana in Mali, un processo iniziato quando ero vice ministra agli Esteri, penso che la presenza italiana nel Sahel sia necessaria perché l’Italia ha delle caratteristiche culturali che possono contribuire molto al dialogo e più Italia c’è nel mondo meglio sarà per tutti, in Africa ce lo dicono gli stessi africani.
I conflitti interni ai Paesi del Sahel continuano e, come spesso succede, sono i civili a soffrirne di più...
L’Ue è sempre al fianco della popolazione. Sul piano degli aiuti umanitari non abbiamo mai interrotto il nostro sostegno. Per noi le popolazioni rimangono la priorità, e non ci sono persone più bisognose di quelle del Sahel e del Mali in particolare.
Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 27 ottobre 2022 © RIPRODUZIONE RISERVATA