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Dall’energia all’industria, anche l’Iran punta l’Africa

10 Luglio 2016

DAKAR (SENEGAL) – «L’aumento dei legami con i Paesi africani è una delle priorità della politica estera iraniana». Era l’aprile del 2013 quando l’allora presidente, Mahmoud Ahmadinejad, aveva incontrato i giornalisti prima di salire sull’aereo che l’avrebbe portato in Benin, Niger e Ghana. L’obiettivo principale: rafforzare l’enigmatica presenza iraniana in Africa. «Abbiamo deciso di migliorare le nostre relazioni su tutti i fronti – furono le prime parole di Ahmadinejad, ricevuto all’aeroporto di Cotonou dall’allora presidente beninese, Thomas Boni Yayi – svilupperemo forti legami nei settori di energia, commercio, industria e infrastrutture». Simili dichiarazioni sono state fatte più volte per Nigeria e Sudan. I media locali e internazionali hanno però dato poco peso alle intenzioni dell’Iran in Africa, giudicandole fino ad ora «controverse e confuse». L’interesse economico per il continente nero sta invece attraendo sempre più uomini d’affari iraniani. Quell’ultimo viaggio da presidente della Repubblica islamica era almeno il terzo incontro negli ultimi quattro anni di Ahmadinejad con dei leader africani. Nonostante le poche affinità e i deboli legami storici, l’Africa è diventata infatti la terra nella quale iniziare seriamente a mettere radici. «In Sudafrica, per esempio, a prima vista sembrava un fallimento della politica iraniana», afferma Armin Rosen, analista per la rivista Business insider. «Il commercio petrolifero tra i due Paesi si era indebolito nei primi anni 2000. Ma nello stesso periodo – spiega Rosen –, l’Iran si è aggiudicato un enorme investimento da parte del gigante della telefonia sudafricana, Mtn-group, nei confronti della joint-venture chiamata Irancell. A questo si sono aggiunti accordi su materiale per la difesa militare nonostante le sanzioni certificate dall’Agenzia internazionale dell’energia atomica». Una storia simile si era ripetuta in Senegal, dove l’Iran accordò l’apertura di una fabbrica per automobili Samand di proprietà comune nella città di Thies nel 2008. «Le autorità hanno sospeso i lavori subito dopo aver scoperto che gli iraniani vendevano armi ai ribelli della Casamance – confermano gli esperti –. Ma con l’elezione nel 2012 del nuovo presidente senegalese, Macky Sall, le relazioni diplomatiche sono nuovamente avviate». All’interno delle stesse istituzioni a Theran sembra comunque che ci siano forti divisioni su come affrontare la politica economica nel continente nero. «C’è una chiara disparità tra gli obiettivi di Teheran in Africa – precisa l’analista Ali Alfoneh –. Le direzioni economiche prese dal potente Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (Irgc) possono essere molto diverse dalle politiche del ministero degli affari esteri o dell’intelligence». Lo scorso dicembre, il presidente kenyano, Uhuru Kenyatta, ha però annunciato il rafforzamento della cooperazione tra Kenya e Iran nei settori del petrolio e delle miniere. «L’Iran esporta in Kenya soprattutto greggio, prodotti chimici e tappeti – spiegava la stampa locale –, mentre il Kenya esporta in Iran tè, carne e pesce». Ma è solo l’inizio. I diversi accordi firmati tra i due Paesi sei mesi fa – per un valore di 500milioni di dollari – erano infatti anche legati a turismo e trasporto, oltre alla costruzione di un impianto energetico nella capitale Nairobi e uno per il gas nella città portuale di Mombasa. Lo scorso maggio, invece, Teheran ha confermato di aver iniziato l’esportazione di gas naturale liquefatto (Lng) in Tanzania, Kenya e Sudafrica.

Un carico di armi da Teheran per i ribelli della Casamance

Nell’ottobre del 2010, un grande carico di armi era stato scoperto nel porto di Lagos, capitale commerciale della Nigeria. Il mittente era l’Iran, il destinatario invece non aveva un’identità precisa. Dopo aver avvertito le autorità della capitale nigeriana, Abuja, e il consiglio di sicurezza dell’Onu, la polizia di Lagos arrestò alcune persone, tra cui l’iraniano Azim Aghajan e il nigeriano Usman Abbas Jega. Gli analisti hanno affermato che tale carico doveva forse raggiungere Abuja, oppure il piccolo Stato del Gambia, in Africa occidentale, il quale avrebbe consegnato il tutto ai ribelli della Casamance, la regione separatista senegalese. Nonostante la gravità di tale incidente, le relazioni tra Iran e Senegal son tornate alla normalità nell’arco di qualche anno.

MATTEO FRASCHINI KOFFI per Avvenire – 10 luglio 2016

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