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Massacro in chiesa: granate sui fedeli

03 Maggio 2018

LOME', Togo - E' tornato il terrore nella capitale centrafricana, Bangui. Denso, sanguinoso. Con la comunità dei fedeli ancora una volta nel mirino

. Martedì, un commando di uomini armati ha attaccato la chiesa cattolica di Notre Dame di Fatima innescando una raffica di violenze. Il bilancio è tragico: 16 persone sono morte e almeno 100 sono rimaste ferite. Tra le vittime c’è anche un sacerdote centrafricano, padre Albert Toungoumale-Baba, noto per il suo impegno nel promuovere il dialogo tra le differenti comunità religiose, mentre almeno due islamici sarebbero stati linciati. «Durante la Messa per celebrare la fraternità di San Giuseppe siamo rimasti intrappolati nella chiesa e nel giardino, mentre ci attaccavano con proiettili e granate – ha raccontato alla stampa padre Moses Aliou, uno dei sopravvissuti –. Alcuni di noi sono riusciti a scappare solo attraverso un buco fatto nel muro della parrocchia».

 

Almeno nove persone colpite sono state portate al Community Hospital della città, altre hanno raggiunto i centri sanitari dell’organizzazione umanitaria, Medici senza frontiere (Msf). «Chiediamo a tutti di rispettare e agevolare il nostro lavoro – ha dichiarato Anne-Marie Boyeldieu, capo missione di Msf in Centrafrica –. Abbiamo il dovere di fornire cure a chiunque ne abbia bisogno indipendentemente dalla sua identità, origine, appartenenza religiosa o politica». I disordini hanno coinvolto anche la moschea di Lakounga (in parte incendiata) e alcune strutture ospedaliere, in cui – secondo alcune ricostruzioni – si sarebbe scatenata la rabbia dei cristiani. Il corpo del prete ucciso è stato avvolto in un telo e portato dalla folla verso il palazzo presidenziale in segno di protesta: lì la guardia ha sparato per disperdere la folla. 

Ancora da chiarire le dinamiche di questo ennesimo, brutale, fatto di sangue che ha sconvolto Bangui. Secondo le prime ricostruzioni, il responsabile dell’attacco sarebbe Nimery Matar, conosciuto come “Force”, leader di una milizia che ha la sua roccaforte nel quartiere “Pk5” a maggioranza islamica. L’uomo ha però negato il suo coinvolgimento, accusando invece la gendarmeria centrafricana e il contingente portoghese della missione Onu nel Paese (Minusca) di aver ucciso un civile poco prima nel quartiere Pk5. «I gendarmi e i soldati della Minusca hanno colpito una persona in moto pensando che fossi io e provocando le violenze a Bangui», ha detto Force.

La Minusca ha riconosciuto un aumento della tensione nel quartiere Pk5, ma ha smentito una sua presenza «in prima linea» nell’area. Il governo centrafricano, attraverso il suo portavoce, Ange Maxime Kazagui, ha invece puntato il dito contro il gruppo armato Fprc, affiliato all’ex coalizione musulmana Séléka. «Tali azioni non rimarranno impunite», ha dichiarato Kazagui. Il cardinale Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, ha fatto appello al governo e alla Minusca «affinché sia fatta luce sull’accaduto, si possa conoscere la verità, e – si legge in una nota inviata all’agenzia

Sir– venga resa giustizia alla popolazione» centrafricana. «Si fermi il genocidio dei cristiani – ha detto ieri il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, ricordando i sacerdoti appena uccisi nelle Filippine e in Centrafrica –. Esprimo a nome del Parlamento Europeo le più vive condoglianze alle famiglie delle vittime delle recenti persecuzioni religiose e degli attentati terroristici».

È dal 2013 che la Repubblica centrafricana, in seguito a un colpo di Stato, è teatro di continui scontri tra le diverse comunità etniche e religiose. Le violenze si erano brevemente arrestate solo durante la visita di papa Francesco avvenuta nel novembre del 2015 per l’apertura della Porta Santa del Giubileo della Misericordia. Il presidente centrafricano, Faustin-Archange Touadera, sta dimostrando di non riuscire a controllare neanche la capitale, mentre da molto tempo, il resto del Paese, è occupato da vari gruppi armati in lotta per il bestiame e le ingenti risorse minerarie del sottosuolo.

Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 3 maggio 2018 © RIPRODUZIONE RISERVATA