Camerun / Al voto nel sangue. Scontri e morti nelle regioni secessioniste
LOMÉ, Togo - È stata definita l’«elezione impossibile ». Oltre sei milioni di camerunesi andranno oggi alle urne in un clima di grave insicurezza e divisione nazionale. Non era mai successo prima. O, almeno, non a questi livelli. Il presidente, Paul Biya, a capo del Movimento democratico del popolo camerunese (Rdpc), è considerato il favorito: alla veneranda età di 85 anni, Biya è al potere dal 1982 e vuole aggiudicarsi il settimo mandato e restare in carica altri 7 anni.
Tra i sette principali sfidanti c’è invece Maurice Kamto, ex ministro della giustizia e diplomatico, supportato da Akere Muna, il quale ha ritirato a questo scopo due giorni fa la sua candidatura. I giovani sembrano però preferire Cabral Libii, 38 anni, giornalista e rappresentante del partito Univers. Nonostante tutte le misure di sicurezza adottate nelle due regioni secessioniste, circa il 20 per cento della popolazione potrebbe non recarsi ai seggi: sono decine di migliaia gli sfollati interni oltre a quelli che sono fuggiti nella vicina Nigeria. «Gli esclusi dalla possibilità di voto superano i 200mila – affermano i media locali –. Ma oltre 978mila iscritti al voto nelle regioni anglofone del Nord-Ovest e Sud-Ovest dovranno superare diversi ostacoli per esercitare il loro diritto». È in questa zona che è scoppiata nel 2016 una sanguinosa guerra civile. Sebbene le organizzazioni umanitarie parlino di «400 morti tra militari, guerriglieri e civili», la cifra sarebbe molto più alta. Verificare le vittime è un’impresa sempre più complicata. Si parla quindi di «apartheid elettorale»: un sistema – affermano gli oppositori – usato dalle autorità della capitale, Yaoundé per «marginalizzare gli anglofoni».
Negli ultimi mesi si sono intensificati gli scontri tra forze di sicurezza e separatisti. Venerdì sono rimaste uccise tre persone, tra cui un poliziotto, nella cittadina anglofona di Kumba. Tre giorni fa, il giovane seminarista Akiata Gerard Anyangwe è stato ucciso fuori dalla chiesa di Santa Teresa di Bamenda da un militare. Lo ha riferito il vescovo dell’arcidiocesi, Cornelius Fontem Esua. Bueà, capoluogo della regione del Sud-Ovest, si è svuotata: i 200mila abitanti sono scesi a 10mila. Nelle regioni del Nord e Estremo Nord la quotidianità è minacciata dai jihadisti di Boko Haram. «Sono oltre 300mila gli sfollati interni e i civili rifugiati nei Paesi limitrofi», afferma l’Onu.
Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 7 ottobre 2018 © RIPRODUZIONE RISERVATA