Non importa che tu sia leone o gazzella: Occhio a Le Iene!
Come il programma TV ha ricompensato il mio lavoro offrendomi a uno scafista tunisino
LOMÉ, Togo – Da alcune settimane esito a rispondere al telefono se non riconosco il numero che mi chiama. Non sono tanto preoccupato che uno scafista voglia la data del mio arrivo a Tunisi. Quello che più mi preoccupa è cosa dirgli: che era tutta una farsa per arrestarlo? Che un programma TV chiamato “Le Iene” voleva che mi fingessi migrante prima di abbandonarmi nel deserto mediatico africano? Sapevo che avrei dovuto ignorare quel messaggio apparso sul mio WhatsApp togolese alle 16h48 di martedì 26 settembre: “Ciao Matteo, come stai? Quando posso rubarti 5 minuti al telefono?” Era una vecchia conoscenza, chiamiamola Iena-1. “Anche ora”, ho risposto di riflesso pentendomene subito dopo. Ero molto occupato, l’ho chiarito fin dall’inizio, ma si trattava pur sempre di lavoro.
Le Iene volevano catturare uno scafista tunisino che pubblicizzava i suoi “servizi” su TikTok e Facebook. Per attirarlo nella rete avevano però bisogno di un’esca. Come è successo in passato per altri servizi sull’Africa, mi hanno chiesto se conoscessi qualcuno con questo profilo. Non mi veniva in mente nessuno. Il tono di Iena-1 sembrava inoltre suggerirmi: “Svegliati Matteo, non hai capito che tu sei l’unico fuori di testa che conosciamo capace di fare ste cose?!” Con grande riluttanza, e non certo per falsa modestia, ho quindi balbettato: “Bah, in caso, se proprio non vi trovo nessuno...penso di poterlo fare io”.
Iena-1 era felice ma per un po’ non ha dato notizie. L’avevo scampata, potevo rifocalizzarmi sulle mie cose prima di tornare in Italia dopo un anno di assenza. Il 9 ottobre, invece, Iena-1 si è fatta risentire: “Ciao Matteo! Come stai? Ti chiamerà la mia collega XXX – Iena-2 – per il servizio di cui ti parlavo.” Nooooo!!! Ho risposto con un messaggio telegrammatico: “[Sentiamoci] Domani però [per]che ora son[o] fuso e devo incontrarmi con [un funzionario della] Banca Mondiale”.
IENA-2
In pochi minuti, la voce giovane e gentile di Iena-2 mi spiegava in un vocale che: “[...]A noi serviva appunto un uomo africano, con una sim africana, che parlasse bene – africano?, stavo per aggiungere – francese, e che fosse disposto a darci una mano. Volevo capire se a te potrebbe ancora interessare, ci farebbe ovviamente molto piacere, e volevo sapere poi se per qualche ragione tu dovessi tornare in Italia. Attendo tue [risatina], grazie mille.” Le ho risposto che li avrei aiutati ma che i social non li avevo (Facebook l’ho chiuso al primo commento idiota e ho provato a iscrivermi su Instagram senza successo). Speravo di ricevere un gradito: “Che sfigato che sei, davvero non hai social con il tuo lavoro? Vabbuò, alla prossima!”
Le ho poi comunicato le mie date italiane: meno di due settimane tra fine ottobre e inizio novembre in cui avrei investito tutto quello che (non) avevo nella promozione del mio ultimo libro. Iena-2 era “unstoppable” Nessuno poteva fermarla. Mi ha risposto con un: “Grazie mille Matteo”, seguito da un vocale: “[...] ovviamente è una cosa assolutamente assurda far pagare dei pacchetti per dei ragazzi che hanno bisogno, e quindi volevamo cercare di smascherarlo, no? Per fare questo la nostra conduttrice che è XXX – Iena-3 – sta parlando con quest’uomo dicendogli che sta cercando di far venire in italia il suo fidanzato. [...] Può essere che magari possa capitare di dover parlare con lui, adesso stiamo ancora cercando di capire.” Iena-2 si esprimeva proprio così.
“Sicuramente quello che lui richiede è prima di tutto una foto.” Mannaggia, la foto non l’avevo calcolata... “Perché quello che ha chiesto poco fa alla nostra conduttrice è di avere una foto del suo fidanzato. Quindi, l’unica cosa è che una volta che viene poi confermata la tua partecipazione, per noi sei dentro e dobbiamo portarla a termine, ecco, questa è la cosa più importante di tutte [...] organizzerei una telefonata per domani, così da procedere [...]”. Che palle, offrire a uno scafista il mio volto di finto migrante non mi andava a genio. Ho detto a Iena-2 che ne avremmo parlato ma che ero disponibile.
Sui miei dubbi rispetto alla foto Iena-2 ha risposto: “Eh, no, quello sì, assolutamente! – per poi cambiare discorso – Però già il fatto che tu non abbia social per noi è un vantaggio. Vuol dire che loro [scafisti e trafficanti] potrebbero trovarti solo se facessero delle ricerche specifiche – era convinta di rincuorarmi –, ho detto a Iena-3 che tu sei giornalista e scrittore, e quindi cercando su Google qualcosa esce, ma il fatto che tu non abbia i social è un vantaggio. Ti ringrazio infinitamente per la tua disponibilità e ne parlo un attimo con l’autore”.
Iena-2 mi turbava. Non era il suo modo “superlativista” di parlare: assolutamente assurdo, ovviamente, infinitamente, ecc. Non era neanche la foto che sfoggiava su WhatsApp: serena e orgogliosa davanti a un edificio con in alto l’insegna “FEELS LIKE PRADA” . Mi preoccupava il suo apparente e totale disinteresse per la mia incolumità. Per l’essere umano al quale aveva chiesto di affrontare dei rischi concreti. Me lo aspetto da una rete televisiva, tutto è business, ma non da una collega. Un servizio del genere, se organizzato con superficialità, poteva costarmi caro. Gli scafisti tunisini non amano i giornalisti italo-africani.
IENA-4
Le cose andavano veloci. Il 10 ottobre ero al telefono con Iena-2 e Iena-4, “l’autore”. Arrivato in ritardo, quest’ultimo mi ha dato l’impressione di non essere lui a volere qualcosa da me, ma il contrario. Sembrava che l’avessi disturbato rispondendo alla sua chiamata. Non aveva tempo per spiegarmi il contesto in maniera dettagliata. Per lui dovevo semplicemente contattare lo scafista, capire se fosse autentico, e organizzare un appuntamento con lui a Tunisi, faccia a faccia. Le telecamere delle Iene sarebbero quindi zompate fuori stile “Caramba che sorpresa” e saremmo andati a casa tutti felici e contenti...tranne lo scafista, naturalmente.
Ho seguito il discorso di Iena-4 con un po’ di costernazione. Ogni tanto lo interrompevo apposta per provocarlo ma in verità avrei voluto fargli più domande. Niente, non poteva sprecare tempo, aveva cose più importanti da fare che parlare con “l’esca”. Da me voleva solo un: “Sì Signore, mi metto subito al lavoro!” Dopo tre minuti di lui che sparava frasi stile pistola tufting e dopo la sua sbuffata perché avevo osato ripetere una domanda che pensavo non avesse sentito, si è eclissato. Credendo di aver portato a casa un successo, Iena-2 mi ha inoltrato con nonchalance la patata bollente: articoli, link, filmati in cui lo scafista si fa pubblicità, video di migranti disperati che lo ringraziano. Ciliegina sulla torta: i messaggi scambiati con Iena-3, la conduttrice. Analizzando velocemente il materiale ho tirato un sospiro di sollievo, il lavoro non mi avrebbe richiesto molto tempo.
ERRORI AMATORIALI
Ho però notato che Iena-3, pur scrivendo in un francese corretto, aveva commesso degli sbagli imperdonabili. “Buona sera, il mio fidanzato cerca un barcone per Lampedusa, lei può aiutarlo?” Lo scafista, tutto eccitato, le ha risposto: “Sii, dov’è lei?” e ha menzionato quasi subito i soldi: mille euro per una traversata di tre ore. Poteva organizzare il tutto in pochi giorni. Iena-3 non aveva però risposto alla chiamata dello scafista avvenuta appena dopo il primo contatto. Probabilmente per restare credibile ha provato a richiamarlo. Nessuna risposta. Non mi stupirebbe se il trafficante tunisino avesse sentito puzza di marcio fin da subito. Invece di tagliare corto, Iena-3 gli ha detto che il suo fidanzato era libico. Ho incontrato molti migranti africani che volevano raggiungere l’Italia dalla Libia. Ma non ho mai conosciuto un migrante libico che facesse scalo a Tunisi per raggiungere Lampedusa.
Non sarebbe stato più logico scegliere qualsiasi altra nazionalità africana? Mali, Niger, Burkina Faso, Ciad, Somalia, Repubblica democratica del Congo. Stati che nel totale silenzio rispetto ad altre guerre stanno attraversando anni di violenze indicibili. Oppure Paesi marcati da enormi sfide economiche e sociali come Senegal, Costa d’Avorio, Gambia, Guinea (Conakry), Guinea Bissau ecc. La puzza di marcio è aumentata quando oltre all’immaginario migrante libico, Iena-3 ha chiesto l’indirizzo di casa dello scafista. Quest’ultimo le aveva detto che il fidanzato doveva raggiungere casa sua e aspettare il barcone con gli altri migranti. A questo punto il trafficante ha cominciato a fare domande. “Mandami una foto del passeggero”, è stata una delle richieste. In quel momento il dialogo tra i due ha iniziato a sgretolarsi. La foto del fidanzato libico, ovviamente, non esisteva.
Lo scafista ha cominciato a connettersi sempre di meno. Iena-3 gli ha chiesto il perché e lui ha risposto: “Per questioni di sicurezza – aggiungendo – La loi m’envoyée moi 7 ans”. Dal francese sgrammaticato non si capiva se la giustizia l’avesse già incarcerato per sette anni oppure se stesse correndo il rischio di andare in prigione per lo stesso periodo. L’ultimo errore era domandare chiarimenti con un semplice: “Perché?” Da quel momento, che io sappia, lo scafista è scomparso. Ed è così che le Iene si sono rivolte all’unico italiano nero abbastanza stordito da accettare di riaprire la comunicazione con un criminale del mare.
LA FOTO
Iena-2 era superlativamente impaziente: “Ciao Matteo, Buongiorno! Come stai? Per caso hai avuto modo di riflettere? Ci aiuti?” Era ancora mattina. L’ho chiamata e ho accettato. Insieme al WhatsApp dello scafista mi ha spedito un vocale (di tre minuti): “Le cose importanti sono tre: la prima è che parli in francese” Ma pensa un po’, non l’avevo ancora capito! La seconda: “Se possibile, modificare la foto del profilo, perdonami per il poco tatto, spero di dirlo nella maniera più politically correct possibile, se fosse possibile mettere la foto di una persona che, se fosse possibile anche una foto tua, ma apparentemente una foto che mostri una persona che ha bisogno, quindi, in difficoltà economica eventualmente, insomma, non una foto su uno yacht.” Non ce la facevo più.
La terza: “Se tu hai il nome su WhatsApp che esce, di modificarlo mettendo un altro nome, perché ovviamente il fatto che tu ti chiami Matteo potrebbe destare un po’ di dubbi...” Finite le ovvietà ha concluso: “Se lui ci fissa questo appuntamento noi ci presentiamo con te lì, dove si trova lui, e lo becchiamo. L’obiettivo è puntare all’incontro. [...] Se per te va bene puoi iniziare [...] per qualsiasi dubbio o perplessità tu scrivimi, tanto sono qui, ti aiuto in qualsiasi cosa ti serva.” Ho replicato: “Ok, appena riesco mi organizzo, immagino poi dovrò buttare il numero [di telefono]...” Neanche due giorni dopo, venerdì 13 ottobre: “Ciao Matteo, hai novità?” Le ho risposto che avrei dato notizie entro fine settimana. Come precisato fin dall’inizio, ero molto occupato.
Domenica altro messaggio (alle nove di mattina): “Ciao Matteo, ricordati che oggi devo dare delle novità (emoji con gli occhi gonfi di lacrime)” La mia replica: un pollice alzato, nient’altro. Ho interrotto il mio lavoro, emesso un barrito da elefante e cambiato il nome sul WhatsApp-Business associato al mio numero senegalese. Infine, mi sono scattato un selfie: maglietta bucata e cappellino. Alle 14h55 ho confermato a Iena-2 di aver spedito il primo messaggio. Alle 16h10: “Ciao Matteo, ancora niente? Mi manderesti lo screenshot?” Che stress!! Le ho mandato lo screenshot e l’ho rassicurata dicendole che probabilmente avrei ricevuto una risposta in serata.
COMUNICAZIONE RIAPERTA
Alle 1h41 della mattina seguente lo scafista mi ha risposto: “Sei a Tunisi??” Ormai ero “dentro” come volevano Le Iene e dovevo starci fino alla fine. Ho quindi ripetuto il mio programma a Iena-2, menzionando uno spazio di qualche giorno in Italia che avremmo potuto sfruttare per l’incontro a Tunisi. Lei mi ha risposto che Iena-4 aveva appena cambiato idea e ora voleva la “zompata” il più tardi possibile. Non per ottobre ma per inizio novembre. Non mi restava quindi che tenere a bada lo scafista inventandomi che ero in viaggio, ecc. Iena-2: “Mi raccomando non commettere l’errore di fargli capire che hai dei soldi per viaggiare perché immagino che un migrante economico...” Faticavo ad ascoltarla ormai.
Le ho risposto che doveva fidarsi di me, facevo queste cose da anni. Per alcuni giorni ho quindi instaurato una relazione telefonica con questo trafficante tunisino. Avevo confermato la sua autenticità anche con altre fonti. Inoltravo regolarmente gli screenshot delle nostre conversazioni a Iena-2 la quale sembrava sempre meno stressata dal proseguire. Ero anche riuscito a ottenere uno sconto per la traversata: invece delle mille euro chieste a Iena-3, la conduttrice, per me erano 700 euro. Forse persino lo scafista ha provato pena nel guardare la mia foto. Ormai era pronto per la trappola! È scattata quindi l’ora, per me sempre un po’ imbarazzante, di chiedere indicazioni sul mio compenso. Speravo inoltre che Le Iene avessero una burocrazia più leggera di “Presadiretta”, il programma RAI con cui avevo collaborato di recente in Senegal (e che mi ha pagato).
Iena-2 ha separato in due la risposta. Prima scritta: “Ciao Matteo, buongiorno” Poi orale: “Grazie per gli screenshot e tutto quanto, volevo dirti che per noi è molto, molto importante incontrarlo per pagarlo di persona – mi ripeteva cose dette e stradette – Per quanto riguarda contratto e viaggi devo invece parlare con la produzione. Non so se tu intendi dire che per te dovrebbe essere previsto un compenso...” Non ci potevo credere... “Ti premetto già che di solito...mmm... Le Iene si occupano di pagare ovviamente rimborso, alloggio, viaggi – mi ribolliva il sangue – ma difficilmente danno un compenso tranne che in rari casi, cioé spesso anche ospiti VIP non vengono retribuiti – ospiti VIP? –. Però possiamo eventualmente capire [...]” Ha concluso sul personale: “Scusami ma non ho ancora bevuto il caffé, sono stati dei giorni veramente complicati e non nego di essermi presa un pochino di respiro questa mattina per, non lo so, portare avanti la mia vita privata [risatina]”.
MATTEO RENZI
Mi capita spesso di non essere pagato per il mio lavoro. L’articolo 36 della costituzione ho dovuto disimpararlo facendo questo mestiere. Ma ho pensato: sono Le Iene, caspita. Senza un compenso non sarei andato avanti, avevo ben altro da fare. Pagato poco, ma pagato. Iena-2 mi ha assicurato che “entro oggi” mi avrebbe fatto sapere, “di non preoccuparmi”, ma ci teneva a sottolineare che queste cose non dipendono da lei. Lo scafista intanto mi metteva pressione. Dovevo chiamarlo una volta arrivato a Tunisi. Mi ha pure spedito un vocale in cui chiedeva con una certa insistenza dove mi trovassi esattamente. Ho dovuto pensare a una località tunisina, XXX, che poi si è rivelata la stessa dove lui abita.
La strada era libera. Dipendeva solo dalla mia retribuzione. “Matteo tranquillo, veramente – continuava a scrivermi Iena-2 – Sono molto corretta, ho aspettato a risponderti perché purtroppo riuscire a beccare la produttrice per chiederle qualcosa è sempre piuttosto lungo come processo. Ma assolutamente l’interesse di proseguire c’è tutto. Perdonami se hai pensato il contrario per la mia assenza. Fosse per me potremmo anche andare in Antartico (due emoji che se la ridono) ma Le Iene come produzione tendono sempre a spendere il meno possibile. Però tranquillo, domani le faccio pressione dicendo che se non mi dà un riscontro ti perdiamo”.
Era il 22 ottobre. Da allora, silenzio stampa.
Prima di tornare a Lomé, durante il breve periodo in Italia, ho spedito a Iena-2 un mio articolo sulla migrazione interna all’Africa pubblicato da “Avvenire”. Le ho poi inoltrato l’ultimo screenshot dello scafista che confermava il nostro imminente appuntamento. E infine, con una settimana di anticipo, l’ho avvertita dell’arrivo di Matteo Renzi in Senegal. Speravo di rilanciare una discussione morta da giorni. Nessuna risposta nonostante Iena-2 sia sempre connessa. Alcuni amici mi avevano consigliato di lasciar perdere: “Le Iene non sono più quelle di una volta”, commentavano.
Da oltre un mese, quando ricevo chiamate da numeri sconosciuti, controllo se lo scafista è connesso. Ma come Le Iene anche lui sembra troppo impegnato per scrivermi. O forse è rimasto offeso per come siano andate le cose tra di noi. Possiamo biasimarlo? Continuo invece a ignorare i social, più per mera pigrizia che per vera convinzione. Riesco a malapena ad aggiornare il mio sito internet. Un’agenzia fotografica con cui collaboro mi aveva costretto a installare WhatsApp alla fine del 2018. Dopo 20 anni di giornalismo in Africa comincio a perdere l’energia di una volta. E quando gli amici mi domandano come mai io non sia ancora passato ai vari Instagram, Facebook, X, TikTok, ecc, rispondo sempre alla Robert De Niro: “Sarebbero solo un’altra cosa capace di complicarmi la vita”.
Matteo Fraschini Koffi
Giornalista e scrittore