«Il protettorato africano dei russi sta cercando ancora certezze»
LOME', Togo - Forse più dell’efficacia a corto termine è l’affidabilità a lungo termine ad essere stata messa in dubbio dalla bufera che si è abbattuta sul gruppo Wagner.
A causa della confusa situazione in Russia, il futuro di almeno una dozzina di Stati africani è, dunque, ora in pericolo. A cominciare dal Mali che, settimana scorsa, ha dichiarato l’intera missione Onu nel Paese (Minusma), «persona non grata» sul proprio territorio. Dopo aver cacciato anche i francesi con la speranza che i russi fossero all’altezza di sostituire i vecchi colonizzatori, la situazione per il capo della giunta, Assimi Goita, si è gravemente complicata dall’oggi al domani. Il ministro degli Esteri russo, Sergeij Lavrov, ha dichiarato che le operazioni continueranno in modo normale. Ma l’attuale potere in Mali, la cui incolumità era in mano alla Wagner, trema. E anche le nazioni vicine, perché una caduta del governo implicherebbe un’accelerazione dell’avanzata jihadista nel Sahel.
Le conseguenze potrebbero essere simili in altri Paesi del Continente nero: dal Centrafrica al martoriato Sudan, o dalla Guinea (Conackry) al Burundi, Stati dove la Russia, attraverso il suo braccio armato, ha cercato negli ultimi anni di espandere esponenzialmente la sua influenza. Una sorta di “colonizzazione 2.0” che numerosi leader africani sfruttavano per proteggersi e, allo stesso tempo, per guadagnare soldi e la fiducia dei loro alleati. Solo una cosa è ora certa: Wagner, nonostante gli stretti legami con il presidente russo, Vladimir Putin, godeva di una certa autonomia. «Siamo davanti a una grande incognita», spiega Beatrice Bianchi, analista politica indipendente per il Sahel. «Da una parte la Russia potrebbe appropriarsi totalmente di Wagner e continuare a sostenere i leader africani. Oppure – continua Bianchi –, potrebbe ritirarsi dall'Africa per cercare di risolvere i suoi problemi interni». Una terza possibilità riguarda i mercenari di Wagner che, già stanziati da anni sul terreno africano, avrebbero l’occasione di perseguire la loro politica “individuale” senza direttive o interferenze da parte della madre patria russa. Con il discorso di ieri di Putin, sembrerebbe concretizzarsi la prima ipotesi , con l’inclusione dei paramilitari nelle file dell’esercito. Resta, tuttavia, da vedere con quali conseguenze.
«Non è possibile per il Cremlino marginalizzare Wagner – afferma Colin Clark, ricercatore presso il centro di studi di intelligence Soufan group –. La Russia si sta quindi mostrando piuttosto debole davanti ai leader africani che aveva promesso di sostenere in cambio di influenza politica ed economica». Dei circa 30 Paesi in cui la Wagner opera o ha operato nel mondo, la maggior parte si trova in Africa. Oltre a Mali, Guinea (Conakry), Burundi e Repubblica centrafricana, i mercenari russi hanno giocato un ruolo rilevante nei conflitti in Mozambico, Libia, Sudan, Burkina Faso, o in situazioni complicate come Ciad e Sudafrica. Un incontro che assumerà un’importanza imprevista sarà il summit Africa-Russia di luglio che, viste le attuali condizioni, potrebbe essere posticipato o, addirittura, cancellato. Nella geopolitica del coinvolgimento diretto delle potenze straniere in Africa, a guadagnarci ci sarà sicuramente la Cina e, in parte, anche Turchia e India. Potenze che vedono il Continente come un eldorado per rafforzare la propria economia domestica. Con la potenziale esclusione della Russia nello scacchiere africano, le altre pedine saranno quindi propense a cambiare le proprie alleanze.
Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 27 giugno 2023 © RIPRODUZIONE RISERVATA