La Nigeria si prepara al dopo-Buhari I giovani sfidano terrorismo e risorse

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DAKAR, Senegal - Il gigante africano si muove e l’intera regione traballa. A meno di due settimane dalle elezioni presidenziali e parlamentari del 25 febbraio, la Nigeria ha registrato 10 milioni di nuovi elettori

, l'84 per cento dei quali è sotto i 34 anni. Alle urne si presenteranno quindi 93,4 milioni di cittadini. Una massa enorme di persone che deciderà il futuro prossimo della più grande economia del continente africano. Dalle ingenti risorse energetiche ai numerosi investimenti locali e stranieri, dalla guerra contro il terrorismo ai focolai di separatismo, la Nigeria, diventata democratica alla fine degli anni Novanta, sta affrontando numerose sfide. È la settima volta che i nigeriani voteranno per il benessere di 220 milioni di cittadini che, entro il 2050, potrebbero raddoppiarsi di numero. « In proporzione, la Nigeria ha una delle più numerose popolazioni di giovani al mondo – stimano gli esperti –. Con il 42 per cento dei suoi cittadini sotto i 15 anni e il 70% sotto i 30, mentre l’età mediana è di 18 anni».

Tra i principali candidati che rimpiazzeranno il presidente uscente, Muhammadu Buhari, ci sono Bola Tinubu dell'All progressives congress (Apc), al governo, e Atiku Abubakar del Partito democratico popolare (Pdp), all’opposizione. Ma si presenteranno altri candidati di peso come Peter Obi, ex governatore dello Stato nordorientale di Anambra, e Rabiu Musa Kwankwaso, ex governatore dello Stato di Kanu nel Nordovest ed ex ministro della difesa. «Sarà un’elezione più competitiva del solito – ha assicurato alla stampa Vanda Felbab-Brown, condirettore dell'Africa security initiative (Asi) –. C’è molta eccitazione in termini di dinamiche elettorali».

Le problematiche, però, sono numerose e profonde. Dal 2009, l’esercito nigeriano combatte l’ondata del terrorismo islamico che dal Nordest si è espansa verso il Nordovest, coinvolgendo differenti bande del crimine organizzato che negli ultimi tre anni hanno rapito e ucciso migliaia di civili. «Quando Buhari è stato eletto presidente della Nigeria nel 2015 – commenta Jacob Zenn, analista presso il centro di ricerca statunitense, The Jamestown foundation –, ha notoriamente dichiarato che Boko Haram era stato tecnicamente sconfitto sottovalutando quindi il gruppo terrorista». All’età di ormai 80 anni, Buhari ha passato gran parte dei suoi due mandati facendosi curare a Londra.

Boko Haram si è divisa nel 2016 e gli affiliati di al-Qaeda e del Daesh hanno continuato a guadagnare terreno. «Verso la fine del 2022 sono stati identificati oltre un milione di sfollati interni – sottolinea l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Acnur) –. Si tratta di 180mila famiglie nelle zone

centro-settentrionali e nord-occidentali della Nigeria». Tra le migliaia di civili rapiti, ce ne sono ancora decine nelle mani dei militanti islamici o di altri gruppi armati. Nel Sudest, invece, rimane vivo il separatismo legato soprattutto al petrolio e al grande divario tra ricchi e poveri. Rapimenti e uccisioni hanno colpito negli ultimi anni anche i religiosi cristiani che, senza alcun aiuto concreto da parte delle autorità, hanno fatto più volte appello a una maggiore sicurezza.

Prendere le redini della Nigeria vuol dire gestire i miliardi di gas e petrodollari che costituiscono una delle risorse principali del Paese. Proprio per questo, l’africano più ricco del continente, Aliko Dangote, è pronto a rendere operativa entro la fine dell’anno la sua raffineria a treno singolo, la più grande al mondo, da 650mila barili al giorno costatagli circa 25 miliardi di dollari di investimenti. Siamo quindi agli sgoccioli per determinare l’uomo che segnerà la linea politica nigeriana per i prossimi quattro anni, almeno.

Il governo ha già ordinato la chiusura delle università per una settimana durante le elezioni e ha rafforzato il dispiegamento di polizia e militari presso i seggi. La Commissione elettorale nazionale indipendente (Inec) si dice preparata anche se teme violenze contro le proprie strutture e il suo personale. « La Commissione resta preoccupata per la sicurezza – aveva detto recentemente il professore Mahmood Yakubu, a capo dell’Inec –. Nelle ultime settimane tre dei nostri uffici sono stati attaccati in tre Stati federali del Paese». E sebbene ci siano ancora dubbi riguardo al rispetto della data prevista per le elezioni, tutto sembra comunque pronto all’avvio di questa ardua impresa elettorale.

Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 14 febbraio 2023 © RIPRODUZIONE RISERVATA

Tags: avvenire cronaca

Matteo Fraschini Koffi - Giornalista Freelance