Burkina, dopo 15 mesi nel deserto Luca Tacchetto ed Edith tornano liberi

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DAKAR, Senegal - Finalmente liberi. Dopo oltre un anno di prigionia, Luca Tacchetto e Edith Blais sono riusciti a fuggire venerdì dai loro rapitori che li tenevano nel deserto del Mali settentrionale, vestiti da tuareg, raggiuggendo il contingente Onu. I due giovani sono arrivati ieri nella capitale, Bamako, sono al sicuro in una ba-se Nato, e sono pronti a tornare in Italia.

«Sono scappati e con un’auto hanno raggiunto la nostra base nella città di Kidal – ha confermato ieri Mahamat Saleh Annadif, capo della Missione Onu nel Paese (Minusma) –. Dopo una visita medica li abbiamo lasciati riposare ». La conferma della liberazione, dopo un’odissera durata 15 mesi, è giunta ieri mattina.

 

«In questo momento di difficoltà per il Paese arriva una buona notizia – ha detto il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio –: il nostro connazionale, Luca Tacchetto, è libero. L’ho sentito al telefono e sta bene». Rimangono ancora un po’ confuse le dinamiche della liberazione, nonostante sia stata accertata una collaborazione tra i governi italiano e canadese durante le ultime fasi della drammatica vicenda. La liberazione è avvenuta proprio mentre è iniziato il dialogo tra il presidente maliano, Ibrahim Boubacar Keita, e i terroristi islamici. «In Paese siamo tutti emozionati e pronti a scoppiare di gioia – ha riferito alla stampa Innocente Marangon, sindaco di Vigonza, la cittadina padovana originaria di Tacchetto –. Ma non possiamo festeggiare fuori perché dobbiamo restare a casa a causa del coronavirus».

Luca e Edith erano partiti in auto da Padova nel novembre del 2018 per raggiungere il Togo e lavorare come volontari in un’organizzazione non governativa. Mentre viaggiavano attraverso prima l’Europa poi in Marocco, Mauritania e Mali, erano soliti postare foto del loro itinerario su Facebook, un metodo che potrebbe avere aiutato i jihadisti a localizzarli. Sono quindi scomparsi

a metà dicembre nell’area di Bobo Dioulasso, nel sud-ovest del Burkina Faso. «La regione è una roccaforte dello Stato islamico nel grande Sahara (Isgs), affiliato dell’Isis (Daesh) – fanno sapere gli esperti –. Lo stesso gruppo è responsabile dell’uccisione di quattro soldati americani e cinque nigerini in Niger nell’imboscata di Tongo Tongo del 2017». Dopo settimane di ricerche da parte delle autorità burkinabé, fonti dell’intelligence locale erano certe che i sequestrati si trovassero nel vicino Mali. Probabilmente venduti ad altri jihadisti legati ad al-Qaeda come quelli del Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani (Gsim).

Al momento sono ancora tre gli italiani nelle mani dei terroristi islamici. Il missionario cremasco Pierluigi Maccalli, rapito nel sud-ovest del Niger il 17 settembre del 2018. Silvia Romano, la 23enne cooperante milanese sequestrata il 20 novembre del 2018 a Chakama, un villaggio a 80 chilometri dalla cittadina turistica di Malindi, in Kenya. E padre Paolo dall’Oglio, il gesuita romano scomparso a Raqqa, in Siria, nel luglio del 2013. Il Sahel continua a essere una regione pericolosa e teatro di vari attentati provocati da gruppi armati islamici che combattono per instaurare la sharia, la legge coranica, in gran parte della regione.

«Le armi non bastano – ha detto padre Pierre Claver Belemsigri, segretario generale della Conferenza episcopale di Niger e Burkina Faso –. I Paesi rischiano di scomparire se non ci difendiamo insieme contro i terroristi attraverso la preghiera, l’unità e la solidarietà».

Una galassia di sigle del terrore

La liberazione di Luca Tacchetto e Edith Blaise è avvenuta nel nord del Mali, una regione dove negli ultimi anni, attraverso dinamiche piuttosto complesse e difficili da verificare, si sono formati e divisi numerosi gruppi jihadisti. I principali sono rimasti il Gruppo di sostegno all’islam e ai musulmani (Gsim), formato da in gran parte da ex affiliati ad al-Qaeda. E lo Stato islamico nel grande Sahara (Isgs), una delle formazioni dello Stato islamico nel Sahel. Ma ci sono altre fazioni che combattono e si combattono per l’occupazione della regione come Ansar Dine e il Fronte di liberazione di Macina (Mlf), le cui operazioni coinvolgono anche Burkina Faso e Niger.

Un popolo in fuga da violenze e fame

191, le vittime di diverse nazionalità tra i caschi blu della Missione di stabilizzazione del Mali (Minusma) dal 2013

4, i milioni di persone che richiedono assistenza umanitaria in Mali per il conflitto e la crisi economica

200mila, i maliani sfollati a causa del conflitto jihadista (soprattutto nel nord) e dei massacri interetnici

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Matteo Fraschini Koffi - Giornalista Freelance