Tutti gli ostacoli dell’opzione «Sud»
Lomé ( Togo) - «Per anni ho pregato i leader europei dell’energia di rispondere alle mie telefonate, oggi invece penso che abbiano il mio numero nell’elenco delle chiamate rapide». NJ Ayuk
, presidente esecutivo camerunese dell’Africa energy chamber (Aec) non ha dubbi: «Siamo a una svolta nel campo dell’energia africana». Al momento impegnato in Namibia per l’annuale Conferenza internazionale dell’energia (Niec), Ayuk e altri esperti del settore stanno discutendo su come sfruttare al meglio il nuovo interesse europeo verso il gas africano provocato dalla crisi ucraina e le sanzioni contro la Russia. Oltre al grande potenziale rappresentato dai Paesi del Nord Africa come Algeria e Egitto, l’Africa subsahariana vuole diventare il nuovo eldorado energetico per gli Stati europei che nel futuro prossimo potrebbero ridurre fortemente la dipendenza energetica da Mosca.
Questa nuova direzione, però, presenta una serie di ostacoli: «Accelerare la produzione, limitare la corruzione, e ripristinare la sicurezza in diverse regioni africane – affermano gli analisti –. Inoltre saremo spinti a rallentare la transizione da energia fossile a rinnovabile». Uno dei casi più recenti riguarda proprio la Namibia: «Ci sono riserve per oltre 2,2 trilioni di piedi cubi (tcf ) di gas nel pozzo off-shore di Venus 1-X – ha dichiarato la National Petroleum Corporation of Namibia (Namcor), che possiede il 10 per cento del progetto –. Siamo in attesa del riscontro della TotalEnergies (40%) che sta investendo con QatarEnergy (30%) e Impact oil and gas (20%)». Un’altra scoperta è stata fatta onshore, nel bacino Kavango a nord-est del territorio, e diverse compagnie sono coinvolte, tra queste: Eni, Exxon, Halliburton, Pioneer natural resources, e Enterprise products partners. Dopo una recente scoperta in Costa d’Avorio, l’Eni continua a dimostrare interesse anche per il Congo (Brazzaville) e l’Angola dove sono previsti a breve nuovi accordi, oltre al Mozambico dove la TotalEnergies ha dovuto interrompere una delle operazioni di energia fossile più faraoniche al mondo a causa di oltre tre anni di violenze jihadiste. «Vogliamo nuovamente rilanciare quest’anno il progetto di 20 miliardi di dollari per estrarre gas liquefatto naturale (lng) – ha annunciato a febbraio Patrick Pouyanne, a capo del gigante energetico francese –. La capacità di produzione ammonterà a quasi 13 milioni di tonnellate annuali di lng». Un conglomerato di società di differenti nazionalità attende invece che inizi l’anno prossimo la produzione di gas nelle acque tra Senegal e Mauritania. La britannica BP, la russa Lukoil, la statunitense Kosmos energy, l’australiana Woodside, e l’indiana Ongc, sono tutte interessate al progetto. «Pensiamo che ci sia il potenziale per un massimo di 50 tcf di gas – ha commentato Emma Delaney della Bp –. Quindi è grande, abbastanza grande per 30-50 anni di produzione». Nella costa sud della Tanzania sta prendendo forma un altro progetto in grado di sfruttare gli oltre 57 tcf di riserve di gas. Tra i sei maggiori investitori energetici c’è la norvegese Equinor. In misura minore, anche Niger e Mali sono nel radar dei futuri progetti per il gas. Oltre alla Gran Bretagna con la Savannah energy che sta operando nel sud-est del Niger, la ministra degli esteri tedesca, Annalena Baerbock, ha incontrato settimana scorsa il presidente nigerino, Mahamadou Bazoum, sono stati infatti firmati diversi accordi legati anche all’energia. Grazie alla Cina, il Niger sta costruendo un gasdotto che raggiungerà la costa del Benin. Il bacino del Touadenni, nel nord del Mali, rappresenta invece una speranza energetica che le attuali autorità, dopo decenni di delusione, vogliono nuovamente esplorare. Infine, in questi giorni si sta rivalutando il 'gasdodotto Trans-Sahara', un’iniziativa quasi utopica che dovrebbe legare la Nigeria e l’Algeria attraverso il Niger per portare le riserve di gas nigeriane alle porte dell’Europa.
La direzione energetica dell’Africa è chiara come ha più volte ripetuto il senegalese Macky Sall, presidente di turno dell’Unione africana (Ua): parlare di energia rinnovabile in Africa «è controproducente all’industrializzazione del nostro continente ». Sebbene lo scacchiere energetico africano sia complesso, la crisi ucraina sta forzando l’Europa a guardare verso l’Africa. Ma come è successo spesso in passato, l’ammontare di investimenti previsti in questo particolare settore potrebbe far scoppiare ulteriori conflitti sul territorio africano.
Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 21 aprile 2022 © RIPRODUZIONE RISERVATA