Un laboratorio «high tech» per fermare il virus in Ciad
DAKAR, Senegal - Trasportare tecnologie innovative in Ciad basate sulla biologia molecolare. Secondo Vittorio Colizzi, docente di immunologia e patologia presso l’università di Roma Tor Vergata e consulente dell’iniziativa
, è questo il cuore del progetto finanziato dalla cooperazione italiana (Aics) e realizzato dal Movimento e azione dei gesuiti italiani per lo sviluppo (Magis). Una sfida sostenuta con i fondi d’emergenza legati alla pandemia di coronavirus. «Stiamo lavorando per migliorare le analisi sulla sieroprevalenza del Covid-19 e altre epidemie che attanagliano la popolazione ciadiana», dice ad “Avvenire”il professor Colizzi. «Abbiamo costruito un laboratorio privato per effettuare tali ricerche a stretto contatto con le autorità sanitarie in loco. Tra i vari impegni – continua l’esperto –, affrontiamo esami per capire meglio le eventuali varianti presenti nel Paese, la resistenza genetica per i malati di Hiv/Aids e analizzare i ceppi di epatite».
Il nuovo laboratorio del Magis è stato inaugurato lo scorso novembre e fa parte del policlinico universitario gesuita nella capitale ciadiana, N’Djamena. «All’inizio della pandemia era difficile trovare ospedali europei e americani in grado di aiutarci con il materiale – racconta da N’Djamena, Sabrina Atturo, responsabile dei progetti della fondazione Magis –. Quando siamo riusciti a far arrivare il primo alcolometro siamo stati felici, l’ospedale poteva iniziare a produrre detergenti contro la diffusione del Covid-19». Il Ciad è un degli Stati africani dove la pandemia ha colpito di meno. Ad oggi in totale sono stati registrati meno di 5mila casi di contagio e 174 morti. Le preoccupazioni più forti erano emerse nel maggio del 2020, quando le autorità avevano riscontrato 80 casi di Covid-19 al giorno, un numero molto basso in termini assoluti ma insostenibile in un Paese dove c’è una marcata penuria di attrezzature e personale medico. Il governo ciadiano è riuscito a finanziare la lotta contro la pandemia solo durante i primi mesi, in seguito la nazione ha dovuto fare appello a degli aiuti provenienti dall’estero attraverso l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), società private e varie organizzazioni non governative. Da marzo la situazione è migliorata.
«Grazie alle nuove apparecchiature in grado di analizzare la diffusione del virus sentiamo che il peggio è alle nostre spalle - spiega il professore Choua Ouchemi, coordinatore nazionale della risposta sanitaria al Covid-19, di passaggio a Roma per sollecitare ulteriori aiuti -. Rimaniamo comunque in allerta e vogliamo che questo laboratorio sostenga altri laboratori in tutto il Ciad per combattere malattie e epidemie che causano centinaia di vittime ogni anno».
Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 4 luglio 2021 © RIPRODUZIONE RISERVATA