Nigeria, libere le studentesse

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DAKAR, Senegal - Il nord della Nigeria è sotto assedio. Le famiglie e le autorità si stavano rallegrando ieri mattina della liberazione di quasi 300 studentesse rapite la scorsa settimana nel nord-ovest, quando nel nord-est i jihadisti hanno attaccato

una base militare e le Nazioni Unite. «Questo misterioso sequestro di massa aveva delle motivazioni politiche – ha detto ieri Bello Matawalle, governatore dello Stato federale di Zamfara, dopo aver reso noto il rilascio delle studentesse – . Tutte le 279 studentesse sono sane e salve. Molte altre erano riuscite a scappare prima di essere condotte nella foresta dai banditi». Le alunne della Government girls secondary school erano scomparse venerdì notte dopo l’irruzione di un gruppo armato nell’edificio. Per alcuni giorni le vittime hanno vissuto nella foresta mentre erano in atto i negoziati per la liberazione. «Le persone dietro tale rapimento avevano offerto dei soldi ai sequestratori per tenere le ragazze il più a lungo possibile – ha spiegato ieri una fonte dell’intelligence nigeriana sotto anonimato –. La nostra pressione per il rilascio ha però costretto i responsabili a lasciarle libere». Il Pontefice aveva invitato i fedeli a pregare per la liberazione. «L’appello di papa Francesco è stato accolto molto favorevolmente qui in Nigeria – ha detto all’Agenzia Fides padre Patrick Tor Alumuku, direttore delle comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi di Abuja –. Ci rendiamo conto che ci vogliono voci dall’estero per far capire quello che sta succedendo in Nigeria». Le autorità negano formalmente di pagare riscatti ma fonti di stampa concordanti e analisti affermano invece che, in cambio del rilascio degli ostaggi, i banditi ricevono armi, munizioni e veicoli. Uno scambio valutato come dannoso e controproducente, dal momento che non farebbe che incentivare i rapimenti in regioni già devastate dall’insicurezza e dall’estrema povertà.

Da mesi la Nigeria è teatro di una serie di sequestri di massa che hanno costretto la chiusura di molte scuole. I banditi armati locali nel nord-ovest hanno iniziato a collaborare con i jihadisti di Boko Haram colpendo non solo le scuole, ma anche decine di civili che viaggiano nella regione. L’insicurezza si sta espandendo a macchia d’olio. In un altro episodio, i jihadisti hanno preso d’assalto lunedì sera Dikwa, cittadina a 85 chilometri da Maiduguri, capitale del Borno. Secondo le prime ricostruzioni, una fazione di Boko Haram che ha prestato giuramento al Daesh ha preso di mira e danneggiato vari edifici tra cui una base militare e un ufficio delle Nazioni Unite. I responsabili di questo attacco sarebbero i militanti dello Stato islamico nella provincia dell’Africa occidentale (Iswap), una branca del gruppo islamista nigeriano il cui raggio d’azione copre anche i Paesi limitrofi. «Sono molto preoccupato per i combattimenti in corso a Dikwa – ha dichiarato ieri Edward Kallon, rappresentante dell’Onu in Nigeria –. I gruppi armati hanno preso di mira diversi edifici umanitari e almeno un ospedale».

Durante la giornata almeno 25 operatori umanitari sono rimasti bloccati negli uffici mentre i jihadisti tentavano di fare irruzione. «Stiamo cercando di contrastare l’attacco jihadista – ha detto ieri un soldato nigeriano interpellato dal quotidiano locale This day –. Nonostante l’appoggio delle nostre forze aeree siamo stati costretti a fuggire nella boscaglia». La situazione è tornata sotto controllo poco prima del tramonto. A Dikwa abitano oltre 100mila persone, in gran parte sfollati causati dall’offensiva di Boko Haram iniziata nel 2009. La cittadina era stata presa di mira più volte: recentemente i jihadisti avevano combattuto l’esercito per oltre tre ore lo scorso 20 febbraio.

Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 3 marzo 2021
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