«In Africa la seconda ondata può diventare devastante»
DAKAR, Senegal - La crisi non è finita. Le autorità africane lo sanno. E sebbene molte misure adottate per limitare i rischi della pandemia di coronavirus siano state alleggerite, il Continente non vuole abbassare la guardia.
«Dobbiamo trasformare una ventina di hotel in strutture di isolamento per i contagiati dal Covid – ha riferito il ministero della salute in Kenya –. È l’unico modo per aiutare gli ospedali a sentire meno il peso dell’emergenza». Giovedì il Paese ha registrato oltre mille contagi in un solo giorno: il più alto numero di persone infette da quando la pandemia è iniziata. Il presidente, Uhuru Kenyatta, aveva tolto alcune restrizioni all’inizio di ottobre per permettere all’economia di riprendere e alle scuole di riaprire.
Alcuni ospedali nella capitale, Nairobi, hanno visto un aumento di pazienti ricoverati e probabilmente affetti dal virus. «Siamo tornati a negoziare con gli hotel privati affinché non facciano pagare troppo i pazienti – ha detto Daniel Yumbya, funzionario del Consiglio medico per i farmacisti e dentisti –. Non vogliamo che gli ospedali vengano oberati di lavoro». Il Kenya ha registrato circa 47mila contagi e 870 morti causati dal coronavirus. C’è grande preoccupazione anche per il Sudafrica, il Paese africano maggiormente colpito. Dopo oltre 710mila casi e 19mila decessi, le autorità sudafricane temono una nuova ondata. Negli ultimi giorni gran parte dei contagiati sono stati registrati nella regione del Capo. «Questa settimana c’è stato un aumento di nuovi contagi pari al 40 per cento nel sud del Paese – ha dichiarato da Città del Capo Zweli Mkhize, ministro della Salute sudafricano –. A livello nazionale, invece, i contagiati sono aumentati del 9 per cento».
Le autorità sudafricane hanno organizzato squadre sanitarie per identificare i punti “nevralgici” in cui c’è stata una maggiore propagazione del virus. Il recente aumento nel sud del Paese sembra sia dovuto a un evento organizzato in un bar di Città del Capo. Per contenere il più possibile la pandemia, l’Etiopia ha stabilito invece pene fino a due anni di prigione per chi non rispetta le restrizioni. Tali misure riguardano il divieto di stringersi le mani, l’obbligo di indossare la maschera nei luoghi pubblici, sedersi non più di tre persone allo stesso tavolo, e mantenere una distanza di due metri. «La popolazione ha iniziato a rilassarsi non appena il governo ha tolto lo stato d’emergenza a settembre – sostengono gli esperti –. Molti hanno cominciato a comportarsi come se il Covid- 19 fosse stato debellato».
Il Paese ha registrato 91mila casi e 1.300 morti. Cifre che di recente sono diventate poco attendibili perché, come in molti altri Stati africani, sono radicalmente diminuiti i tamponi. Il Nordafrica, la regione del continente più colpita durante la pandemia, ha ricominciato ad adottare misure relativamente drastiche per evitare una nuova ondata di contagi. Mentre il Marocco ha limitato il numero di voli internazionali e gli spostamenti, in Tunisia è stato nuovamente imposto il coprifuoco notturno. Entrambi i Paesi hanno visto un aumento recente dei casi. In Senegal, invece, si sta aspettando di capire se, dopo una serie di eventi religiosi che hanno riunito decine di migliaia di persone da tutta la regione, bisognerà introdurre nuovamente delle restrizioni.
Per il momento il Continente africano ha raggiunto circa 1,6 milioni di contagi e 40mila decessi a causa del virus. Ma la pandemia ha avuto un impatto negativo soprattutto sulle economie locali e sull’istruzione. Alcuni governi hanno iniziato a ricevere finanziamenti per assistere imprese legate particolarmente a trasporti, turismo, e ristorazione. Mentre le scuole stanno discutendo sull’eventualità di rimanere chiuse o limitare il numero di ore in cui gli alunni devono stare in classe. «Per diverse ragioni legate specialmente all’intervento immediato dei governi, il coronavirus ha per ora risparmiato il continente – sostiene il Centro africano per la prevenzione e il controllo delle malattie –. Dobbiamo rimanere vigili perché il peggio potrebbe ancora arrivare».
Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 25 ottobre 2020