Un gruppo diviso tra clan e sostenuto dalle mire del Qatar

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DAKAR, Senegal - Il rapimento di Silvia Romano continua ad essere accreditato dalla stampa agli islamisti somali di al–Shabaab. Sembrano infatti pochi i dubbi sulle loro responsabilità rispetto al sequestro della volontaria milanese. Ma mentre un tempo far parte di al–Shabaab significava essere reclutati da un gruppo terroristico che trascendeva le affilliazioni claniche della complessa società somala, ora le dinamiche sono cambiate. Gli shabaab, nati nel 2006 come ala militare delle Corti islamiche incaricata di combattere l’esercito etiope, sono ora divisi lungo linee “tribali”. Un processo iniziato quasi dieci anni fa a causa di scontri interni, defezioni e progressi delle forze somale appoggiate da varie potenze tra cui Stati Uniti, Unione africana (Amisom), Ue, e Turchia.

«Siamo in una fase di transizione e scissione per al Shabaab», afferma ad Avvenire un esperto somalo dalla capitale, Mogadiscio, costretto per ragioni di sicurezza a mantenere l’anonimato. «Gli esponenti shabaab del clan hawiye nelle principali città somale sono infatti sempre più in disaccordo con i membri della stessa organizzazione terroristica ma appartenenti ad altri clan. Nelle zone rurali, invece – continua la fonte –, c’è un ritorno alle vendette tra i clan, segno dell’indebolimento interno ad al–Shabaab». Una delle potenze in grado di mantenere gli islamisti somali uniti sarebbe il

Qatar, i cui finanziamenti, paradossalmente, sono diretti tanto al governo somalo quanto ai terroristi. «Il Qatar sta facendo un gioco pericoloso in Somalia – afferma Ronald Sandee, analista sul terrorismo e fondatore dell’agenzia Blue water intelligence –. Decidono di sostenere una o l’altra parte a seconda dei loro interessi economici e geopolitici».

La divisione interna agli shabaab si riflette anche negli otto ostaggi che i militanti somali continuano a tenere prigionieri. Sonja Nientiet, operatrice umanitaria con il Comitato internazionale della croce rossa (Cicr), è stata rapita due anni fa da una guardia dell’organizzazione e venduta ad al–Shabaab. Un anno fa i militanti hanno sequestrato Landy Rodriguez e Assel Correa, due medici cubani, in Kenya, prima di trasferirli in Somalia. Ci sono poi tre marinai iraniani caduti nelle mani jihadiste nel 2015. Inoltre, almeno due keniani, George Macharia Mburu e George Macharia Njoki, rimangono ostaggi di al–Shabaab. Sono entrambi ingegneri, catturati nel 2014. Da allora non hanno avuto più contatto con le famiglie a cui i rapitori avevano chiesto un riscatto da un milione di dollari.

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Matteo Fraschini Koffi - Giornalista Freelance