Il mal d’Africa della Ecobank

per Avvenire

Banca panafricana: 30 anni, 13 milioni di clienti e tante ombre

LOMÉ ( TOGO) - Un imponente edificio interamente vetrato si riflette sulle acque bluastre del Golfo di Guinea. Davanti ad esso sventola una lunga serie di bandiere africane, simbolo dei prìncipi panafricani che hanno dato vita a una delle più grandi banche dell’Africa subsahariana.
È nella capitale togolese, Lomé, che la Ecobank Transnational Inc., più comunemente nota come Ecobank, ha la sua sede. Da quando le operazioni iniziarono nel 1988 con un capitale di 100 milioni di dollari, i suoi beni ora ammontano a circa 20 miliardi di dollari. In 26 anni, la banca panafricana ha aperto filiali in 36 Stati del continente, oltre a rappresentanze in Francia, Gran Bretagna, Cina e Dubai. Ma secondo l’attuale direttore generale, il ghanese Albert Essien, è tempo di fermare tale espansione.
«Siamo cresciuti molto velocemente – afferma Essien –. In Nigeria, Ghana e altri Paesi africani abbiamo finalizzato una serie di acquisizioni con diversi costi. Ora dobbiamo puntare al rendimento di tali operazioni – continua il direttore generale – e dobbiamo assicurarci che le nostre piattaforme, ancora in stato embrionale in Africa orientale e meridionale, comincino a fare soldi». Ecobank fu fondata nel 1985 da un gruppo di pionieri della finanza africana con la collaborazione della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas). «Amo l’Africa e penso che sia tempo che gli africani si sveglino – spiega il magnate togolese, Gervais Koffi Djondo, uno dei padri fondatori della banca –. Dobbiamo avviare una politica di massima integrazione soprattutto fra Stati africani invece di commerciare unicamente con il resto del mondo, una cosa che trovo assurda».
Con oltre 13 milioni di clienti e quasi 20mila dipendenti, Ecobank è quotata in cinque borse dell’Africa occidentale e centrale, tra cui la Borsa regionale dei titoli negoziabili (Brvm) situata in Costa d’Avorio. In un continente dove le banche sono utilizzate da solo il 10% della popolazione locale, tale settore continua ad avere grandi problemi nello scontrarsi con una mentalità che tende a rifiutare il concetto del risparmio.
«Inoltre, manca una collaborazione tra le istituzioni finanziarie e i governi africani per favorire i prestiti e condividerne i rischi», affermava l’anno scorso l’ivoriano Thierry Tanoh, ex direttore di Ecobank. Ma secondo gli analisti, il futuro dello sviluppo africano sarà determina- to in gran parte da una politica di 'bancarizzazione' del continente. Non è un caso, infatti, che il gigante sudafricano, Nedbank, abbia comprato a inizio ottobre il 20% di Ecobank.
Insieme alla Public investment corporation (Pic), che controlla già il 18,2% del capitale, il Sudafrica esercita ora l’influenza maggiore all’interno della banca panafricana. Ma è la Qatar national bank (Qbn) il maggiore azionista dopo che lo scorso settembre ha acquisito 2.047 miliardi di azioni supplementari, raggiungendo una partecipazione del 23,5%.
«Sia i principi fondamentali dell’azienda che la nostra marca sono forti – dice Albert Essien, 59 anni, pronto ad andare in pensione l’anno prossimo –. La cosa più importante è che questa banca impari dal passato, aggiusti i problemi e diventi un’istituzione ancora più forte».

Presente in 36 Stati, il gigante non è ancora riuscito a fare da volano all’economia continentale

LO SCANDALO: Il terremoto al vertice

Nonostante i successi, Ecobank ha avuto un ultimo anno incandescente all’interno del proprio cda. Dopo 18 mesi come direttore generale, Thierry Tanoh è stato infatti licenziato lo scorso marzo e rimpiazzato da Albert Essien. Tanoh, per quasi vent’anni impiegato presso la Banca Mondiale, è stato accusato di 'mal gestione'. Inoltre, la Commissione del mercato azionario della Nigeria, dove Ecobank detiene circa il 40% dei suoi affari e il 70% dei clienti, ha ammonito la banca panafricana riguardo alla sua governance aziendale. Poiché Essien non rinnoverà il suo mandato nel 2015, Ecobank è in cerca di un successore. (M.F.K.)

 

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Matteo Fraschini Koffi - Giornalista Freelance