Ebola, sì al vaccino «sperimentale» Prime dosi in Africa

per Avvenire

Via libera dell’Oms ai nuovi farmaci Morto un missionario spagnolo

LOMÉ - L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha defi­nito ieri «etico» l’uso di far­maci sperimentali per combattere l’e­pidemia di virus Ebola. L’agenzia sa­nitaria dell’Onu è arrivata a questa conclusione alla fine di una telecon­ferenza svoltasi a Ginevra dove gli e­sperti hanno discusso le conseguen­ze che la decisione potrebbe causare. Produzione della medicina, finanzia­menti e monitoraggio degli sviluppi sul paziente saranno però le sfide maggiori.
«Consideriamo etico offrire profilas­si non testate», recita una nota del­l’Oms. «Siamo favorevoli all’uso di ta­li farmaci come potenziale tratta­mento o procedura di prevenzione sebbene l’efficacia debba essere an­cora dimostrata così come gli even­tuali effetti collaterali negativi. Il tut­to, però – continua il comunicato – ri­chiede il consenso informato e libero del paziente». Secondo le ultime sta­tistiche ufficiali, da febbraio l’epide­mia ha ucciso 1.013 persone e ne ha contagiate oltre 1.840 in quattro Pae­si dell’Africa occidentale: Liberia, Gui­nea Conakry, Sierra Leone e Nigeria. Intanto ieri la Guinea Bissau ha an­nunciato la chiusura delle sue fron­tiere con la Guinea, uno dei Paesi più colpiti da Ebola.
Ma la paura del virus arriva al di fuo­ri dei confini africani. Ieri, infatti, è sta­ta registrata la prima vittima europea. «Il missionario cattolico fra’ Miguel Pajares, 75 anni, è morto», ha confer­mato una portavoce dell’ospedale La Paz-Carlos III di Madrid dove era sta­to ricoverato il religioso dell’Ordine di San Giovanni di Dio (Fatebenefratel­li). Pajares è il primo paziente amma-l­atosi di Ebola ad essere rimpatriato in Europa. Aveva contratto il virus nell’o­spedale Saint Joseph della capitale li­beriana, Monrovia, dove lavorava.
Al frate spagnolo è stato sommini-s­trato lo ZMapp, un farmaco testato solo sui primati e prodotto dalla com­pagnia statunitense Mapp Biophar­maceutical. La stessa medicina era stata usata con due volontari ameri­cani rimpatriati qualche giorno fa. Kent Brantly e Nancy Writebol, di 33 e 59 anni, avevano contratto il virus mentre lavoravano in un ospedale della Liberia. Nel loro caso, però, il far­maco sembra avere un effetto positi­vo. Si ipotizza che per Pajares ha pro­babilmente inciso l’età.
Oltre allo ZMapp, le cui scorte sono «già esaurite» dopo essere state spe­dite in Africa occidentale, gli esperti stanno lavorando su altri trattamen­ti. Tra questi c’è il farmaco Tkm-Ebo­la della ditta canadese Tekmira Phar­maceuticals, e l’eventuale preleva­mento di un siero da chi è riuscito a sopravvivere al virus. Comunque per il futuro vaccino si dovranno atten­dere uno o due anni. «Anche se anco­ra sperimentale, useremo lo ZMapp per i pazienti che lo vorranno – reci­tava una nota del ministero della sa­nità liberiano –, ormai si tratta di sce­gliere tra la possibilità di vivere o una morte sicura».

L’Ordine dei Fatebenefratelli - Quei religiosi sul fronte dell’epidemia che in Liberia pagano un alto prezzo

LOMÉ - Sono giorni di continuo cordoglio per l’Ordine di San Giovanni di Dio (Fa­tebenefratelli). Con la morte di ieri Miguel Pajares, il missionario cattolico am­malatosi in Liberia dopo aver contratto il vi­rus mentre ne assisteva i malati e rimpa­triato lo scorso 7 agosto a Madrid, la con­gregazione religiosa ha subito i decessi di tre consacrati, una suora e vari collaboratori.
Il Saint Joseph, l’ospedale liberiano dove la­voravano i missionari, è stato chiuso dal go­verno dieci giorni fa. «La nostra famiglia o­spedaliera sta vivendo un momento molto difficile», ha scritto ieri in un comunicato fra’ Jesus Etayo Arrondo, priore generale del San Giovanni di Dio. «I nostri confratelli han­no dato la loro vita per gli altri, come Cristo, fino al punto da rimanere contagiati da que­sta epidemia. E sebbene ciò ci riempia di tristezza e di dolore – recita la nota –, dob­biamo viverlo anche con fede, speranza e un sano orgoglio per la loro fedeltà e la loro testimonianza radicale di ospitalità».
Insieme a Pajares era stata rimpatriata an­che suora Juliana Bohi che al momento ri­sulta negativa al virus. La famiglia religiosa del San Giovanni di Dio aveva perso nell’o­spedale Elwa della capitale Monrovia fra George Combey e due collaboratori.
La settimana scorsa, sempre in Liberia, era invece morta suor Chantal Pascaline, mis­sionaria congolese dell’Immacolata Conce­zione, oltre al decesso del 3 agosto di fra’ Pa­trick Nshamdze, religioso camerunese e di­rettore del nosocomio del Fatebenefratelli. Nella lettera ai confratelli, fra’ Jesus ha inol­tre confermato l’arrivo un’équipe formata da religiosi e personale sanitario all’ospe­dale St Joseph «per curare le persone mala­te e poterlo riaprire quanto prima».
«Credo che sia davvero una situazione mol­to pesante – ha detto ieri fra’ Marco Fabel­lo, direttore del San Giovanni di Dio a Bre­scia –, sia per le perdite di vite umane che per coloro che vivono nell’incertezza». L’Ordine ospedaliero lavora insieme ai ministeri della sanità locali, è presente in 50 Paesi del mondo e ha circa 400 opere apostoliche portate avanti da oltre 45mi­la collaboratori.

GLI STUDI: -Le scorte gratuite sono ormai esaurite E la ricerca guarda ai pazienti già guariti

Tkm-Ebola della ditta canadese Tekmira Pharmaceuticals, il cui utilizzo è stato approvato dopo che la Food and drug administration (Fda), l’ente americano preposto al controllo di medicine e alimenti, ha sospeso il processo di sperimentazione in corso. È l’unico farmaco già provato su un discreto numero di esseri umani. Interrompe il codice genetico del virus e impedisce lo svilupparsi della malattia. Il farmaco sperimentale ZMapp, provato soprattutto sui primati e su solo tre persone, è gestito da un’azienda americana, la Mapp Biopharmaceutical, e il dipartimento della sanità canadese. Il presidente della ditta statunitense, Mark Murray, ha però dichiarato che: «Le scorte, spedite gratuitamente, sono ormai già finite». Una terza soluzione al momento studiata dagli esperti riguarda la possibilità di prelevare un siero dall’organismo delle persone sopravvissute all’epidemia. Nel sangue di tali pazienti curati e salvati, potrebbero infatti esserci delle particolari particelle in grado di neutralizzare il virus dell’Ebola.

 

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Matteo Fraschini Koffi - Giornalista Freelance