La paura di Ebola contagia il mondo

per Avvenire

Casi sospetti in America e Arabia Saudita Misure preventive delle compagnie aeree

LOMÉ (Togo) - Ormai l’epidemia di ebola fa paura al mondo intero. La possibilità del contagio in Asia, Medio Oriente e in Occidente, ha messo in moto una mac­china scientifica e sanitaria per trovare un vaccino al più presto, seminando però an­che un discreto livello di allarmismo. Come sta succedendo a New York dopo che un tu­rista è tornato dall’Africa con sintomi simi­li a quelle provocati dal virus. «I risultati dei test di questo caso saranno rivelati entro due giorni – ha detto ieri il dottor Jeremy Boal, a capo del personale medico dell’o­spedale Mount Sinai –, ma difficilmente si tratterà di ebola». Un’altra paziente ricove­rata in Ohio è risultata negativa al virus. Un cittadino saudita di Gedda tornato dalla Sierra Leone è invece ricoverato con sinto­mi sospetti. È una lotta contro il tempo. Oggi il comita­to d’emergenza dell’Organizzazione mon­diale della sanità (Oms) si riunirà a Ginevra per elaborare una strategia finanziata con 200 milioni di dollari dalla Banca mondia­le e decidere ulteriori misure. Sebbene le conclusioni saranno ufficialmente diffuse nel fine settimana, la compagnia aerea bri­tannica della British Airways ha sospeso ie­ri i voli per Sierra Leone e Liberia, i due Pae­si africani dove il virus sembra diffondersi con maggiore rapidità. Con i casi segnalati in Nigeria, la situazione sta cambiando an­che per i voli Lufthansa, che dall’aeroporto tedesco di Francoforte sono collegati alle città nigeriane di Lagos e Abuja.
«Monitoriamo la situazione con attenzione – ha spiegato ieri un portavoce della Lufthansa –, ma per il momento non pro­grammiamo alcun cambiamento nella no­stra offerta». In Italia il ministro della Salu­te, Beatrice Lorenzin, ha più volte assicura­to che «non c’è alcun pericolo in relazione all’ebola» nel nostro Paese, e che va evitata ogni forma di psicosi, mentre la Farnesina ha contribuito con 200mila euro alle ope­razioni dell’Oms in Guinea, dove ha avuto origine l’epidemia.
Ieri, invece, un missionario spagnolo ha contratto il virus in Liberia. Miguel Pajares è ricoverato a Monrovia con altri 5 missio­nari. Sembrano invece migliorare le condi­zioni dei due volontari americani, Kent Brantly e Nancy Writebol, ammalatisi in Li­beria mentre combattevano contro l’epi­demia prima di tornare d’urgenza negli Sta­ti Uniti. Entrambi hanno iniziato la cura con un siero segreto finora provato solo sulle scimmie. «È troppo presto per trarre risul­tati – ha affermato ieri il dottor Anthony Fau­ci, direttore del National institute for allergy and infectious diseases (Niaid) –. Non si può infatti provare il successo del trattamento fino a quando non ci saranno studi clinici su una grande quantità di persone». Il pre­sidente americano, Barack Obama, in que­sti giorni occupato con il summit Usa-Afri­ca, ha confermato che sta «prendendo le necessarie precauzioni per proteggere gli a­mericani » e aiutare l’Africa. Ma stanno cre­scendo varie polemiche attorno al siero spe­rimentale denominato «ZMapp» e utilizza­to per curare i due americani contagiati a Monrovia. Il farmaco, non ancora approva­to dalla Food and drug administration (F­da), l’ente americano preposto al controllo di medicine e alimenti, è prodotto con la pianta del tabacco. Per la realizzazione del siero, l’azienda farmaceutica Mapp Biopharmaceutical collabora con la Ken­tucky BioProcessing, filiale dell’azienda a­mericana del tabacco, Reynolds American. Anche l’Agenzia sanitaria pubblica cana­dese è coinvolta nei lavori di gestione. «Z-Mapp fu giudicato lo scorso gennaio come una possibile cura – recita una nota della Mapp Biopharmaceutical –, ma la quantità di tale farmaco è minima poiché non era ancora stato valutato sugli esseri umani».
Secondo il dottor Fauci, il vaccino sarà usa­to sugli operatori sanitari in Africa entro la fine del 2015. L’ebola ha già ucciso 887 per­sone e provocato 1.603 casi in Africa occi­dentale. JimYong Kim, presidente della Ban­ca mondiale, ha spiegato ieri che i fondi stanziati dal suo organismo «serviranno so­prattutto per l’acquisto di materiale, per i salari del personale medico e per realizzare laboratori in loco. Inoltre una parte del de­naro sosterrà economicamente le comu­nità più colpite dal virus».

 

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Matteo Fraschini Koffi - Giornalista Freelance