Sud Sudan sull’orlo della guerra «Si sta rischiando un genocidio»

Pibor, Sud Sudan

DAKAR, Senegal - La crisi in Sud Sudan ha raggiunto dei livelli allarmanti. Con l’inasprirsi degli scontri nella capitale, Juba, tra i militari alleati al presidente, Salva Kiir, e le forze del vice-presidente, Riek Machar, è aumentato radicalmente il numero degli sfollati mentre gli stranieri si preparano all’evacuazione dal Paese. Solo negli ultimi giorni sono almeno 300 le persone morte tra cui molti civili, altrettanti soldati, e due caschi blu cinesi. «Siamo sotto assedio e la residenza di Machar è stata bombardata ancora una volta dall’esercito – ha dichiarato ieri il colonnello William Gatjiath, portavoce militare del vice-presidente –. La situazione è senza controllo poiché Salva Kiir e i suoi uomini non vogliono seguire le condizioni dell’accordo di pace». Un accordo fragilissimo firmato l’anno scorso, sebbene caratterizzato da un profondo scetticismo da parte di entrambe le parti. Sono infatti bastati pochi mesi per un ritorno alla violenza che, secon- do alcuni, potrebbe trasformarsi in uno sterminio senza precedenti. «In Sud Sudan si rischia il genocidio », ha detto ieri all’agenzia Fides una fonte anonima (per ragioni di sicurezza) della Chiesa nel Paese. «Scrivetelo a caratteri cubitali perché qualcuno della comunità internazionale intervenga prima che sia troppo tardi. Quando infatti cessano i combattimenti con armi pesanti – ha continuato la fonte –, iniziano i massacri contro gli appartenenti all’etnia rivale. Lo abbiamo visto troppe volte in altre città del Sud Sudan durante la guerra civile». Durante gli ultimi due anni e mezzo di conflitto, si sono registrati diversi massacri tra l’etnia dinka di cui fa parte Kiir e quella nuer a cui appartiene Machar. Le attuali dinamiche delle violenze sono però molto confuse. Il ministro dell’Informazione sudsudanese, Michael Makuei, ha assicurato ieri alla stampa che la situazione era «sotto totale controllo ». Il Consiglio di sicurezza dell’Onu, dopo una riunione d’emergenza, ha però fatto appello alla calma pregando i gruppi armati di «deporre le armi il prima possibile». Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, sta spingendo per «imporre un embargo delle armi istantaneo e ulteriori sanzioni mirate », oltre all’invio di un numero imprecisato di caschi blu per aiutare la Missione Onu nel Paese (Unmiss). Nella serata di ieri, dopo un ordine di cessate il fuoco immediato emesso dal presidente Kiir, anche il vice-presidente Machar ha ordinato alle proprie forze di mettere fine ad ogni violenza. Purtroppo, però, sembra che tanto Kiir, quanto Machar non riescano a controllare i loro soldati. Secondo Eric Reeves, un esperto americano di Sud Sudan, il vice-presidente avrebbe in realtà organizzato tali attacchi per lanciare «un tentativo di colpo di Stato appoggiato dal presidente sudanese, Omar el-Bashir». Diverse organizzazioni umanitarie si preparano a lasciare il Paese. «I nostri operatori umanitari in Sud Sudan sono al momento “ibernati”, come si dice in gergo – ha confermato ieri ad AvvenireMaria Laura Conte, responsabile della comunicazione di Avsi –. Per non esporsi al pericolo stanno preparando l’eventuale evacuazione del personale espatriato ». Altre Ong italiane come Medici con l’Africa Cuamm e Amref hanno fatto appello alle istituzioni internazionali affinché si raggiunga un cessate il fuoco immediato. «Ovunque c’è panico per la possibile diffusione degli scontri sull’intero territorio – ha detto ieri Guglielmo Micucci, direttore di Amref –. I combattimenti sono destinati a continuare e la tensione potrebbe sfociare su scala nazionale». Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 12 luglio 2016

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Tags: attualità avvenire cronaca politica

Matteo Fraschini Koffi - Giornalista Freelance