Il “giovane” Nzapalainga: crescono i segni di pace

Dieudonné Nzapalainga

Centrafrica -- La calda risata del neo cardinale Dieudonné Nzapalainga

non può che essere incoraggiante. Nonostante il recente ritorno a una relativa instabilità nella Repubblica Centrafricana, il religioso resta infatti ottimista rispetto alla situazione attuale nel Paese. «Gran parte della popolazione è molto fiduciosa e continua a pregare per la riconciliazione», sottolinea il porporato che domani alle 12 sarà nella Comunità di Sant’Egidio con l’imam di Bangui, Kobine Layama, e il pastore centrafricano Guerekoyame Mbangou Nicolas che lo hanno accompagnato a Roma. Il 29 novembre 2015 il cardinale era accanto a papa Francesco quando apriva – in anticipo rispetto all’inizio ufficiale dell’Anno Santo – la Porta Santa della Cattedrale di Bangui.

 

Quale atmosfera c’era domenica scorsa a Bangui durante la celebrazione che ha accompagnato la fine del Giubileo?

È stata una giornata molto speciale. Il Pontefice ha voluto aprire proprio qui la Porta Santa che l’anno scorso ha dato inizio al Giubileo della misericordia, per questo ci sentiamo particolarmente benedetti. Domenica scorsa c’erano moltissime persone dentro e fuori dalla chiesa, si respirava un’atmosfera di gran gioia. In tanti hanno fatto una lunghissima coda per toccare la Porta Santa, è stato davvero emozionante.

Ad appena 49 anni, lei è il più giovane porporato del Collegio cardinalizio, che effetto fa?

La ringrazio molto, non posso che accettare con grande umiltà tale nomina. Fa parte della mia missione, mi considero un semplice servitore del Signore. Anche la Maria Vergine aveva accettato a suo tempo di servire il Signore, sono infatti molto felice che i piani di Dio possano in parte essere realizzati attraverso il mio servizio e quello degli altri cardinali nominati.

Il suo è un ruolo molto importante soprattutto legato alla crisi centrafricana che dura da quasi quattro anni. Secondo lei, si sta andando verso una soluzione?

Sì. Infatti, nonostante il Paese abbia passato dei momenti davvero difficili, abbiamo anche visto dei progressi. Per esempio, prima c’erano molte più uccisioni per le strade della capitale, di altre città e nei vari villaggi maggiormente coinvolti dal conflitto. Ora, invece, tali crimini si sono ridotti di numero. Lo stesso vale per l’abbondanza di sfollati che fino a qualche mese fa risiedevano nei vari campi profughi. Il numero è relativamente diminuito e noto più speranza negli occhi della gente. Inoltre basta vedere come le strade di Bangui sono tornate ad essere molto più trafficate durante il giorno. Insomma, sebbene ci siano stati alcuni recenti casi di violenze, si respira un’atmosfera assai diversa rispetto a prima. C’è tanta gente in giro e la vita sta ritrovando la sua vivacità.

Si sta quindi lavorando per una riconciliazione tra le diverse comunità religiose ed etnie?

Non abbiamo altre alternative! Non importa quali possano essere le apparenti divisioni tra la popolazione centrafricana, tutti abbiamo la stessa storia e un destino comune che ci lega. Dobbiamo quindi lavorare per il consenso, la riconciliazione e la pace. Continuo ad andare nei quartieri musulmani e noto come la gente mi accoglie sempre a braccia aperte e in pace. Questi sono segnali che ci devono incoraggiare giorno dopo giorno.

Come vede quindi il futuro per la Repubblica Centrafricana?

Nonostante ci sia ancora molta strada da fare per il ripristino di una reale stabilità, sono e rimango ottimista. Ieri camminavo sia con i fedeli cristiani che quelli musulmani e ho notato come una capra ha cominciato a seguirmi. Ha marciato con tutti noi per quattro chilometri fino a quando ci siamo fermati e lei ha fatto lo stesso. “Se un animale è in grado di seguirci e ascoltare parole di pace, allora anche noi esseri umani possiamo fare lo stesso”, ho detto alla folla. Un altro segnale importante riguardava invece un gruppo di giovani cristiani che voleva uccidere un musulmano. Quando mi hanno portato i leader di questo gruppo è bastato dialogare con loro per calmare la situazione ed evitare un’altra vita persa. Dobbiamo quindi abbattere le barriere, nutrire la nostra umanità di parole e azioni di pace, e continuare insieme questo difficile cammino. Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 20 novembre 2016

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Matteo Fraschini Koffi - Giornalista Freelance