CENTRAFRICA/Dalla parte dei pigmei

Nganyade Zowe Vahid

BANGUI, Centrafrica - Valorizzare la cultura dei pigmei nella Repubblica Centrafricana. È questo l’obiettivo di Nganyade Zowe Vahid, giovane architetto locale, ideatore di un progetto recentemente esposto all’Alliance Française, il Centro culturale francese della capitale Bangui. Un’impresa resa ancora più ardua a causa della brutale guerra civile in corso. «Tale progetto è decollato grazie a una ricerca molto personale – spiega Nganyade, pronto a partire per il Ghana dove proseguirà con la promozione del suo lavoro -, Innanzitutto mi sono ispirato a tre importanti strutture architettoniche dotate di un forte stampo antropologico: l’Istituto culturale del popolo ‘Cri’ in Canada, il Centro culturale Sinthian in Senegal, e il Centro culturale Jean Marie Tjibaou per il popolo Kanak in Nuova Caledonia. Proprio per questo – continua Nganyade -, ho cercato di evidenziare quei concetti fondamentali che caratterizzano la cultura dei pigmei: la centralità e le loro ceste per la raccolta». Nella tradizione dei pigmei, il tema della centralità lo si riscontra soprattutto nella costruzione dei  villaggi, delle abitazioni e nel modo in cui la società si incontra e ritrova durante la quotidianità. Le ceste per la raccolta, portate quasi costantemente sul dorso, hanno invece ispirato la forma dei grandi padiglioni in cui verranno esposte le varie attività legate alla vita dei pigmei. «L’idea è quella di condurre il turista, locale o straniero, attraverso un percorso e di immergerlo nelle tradizioni del popolo pigmeo – racconta l’architetto, il quale ha fatto i suoi studi a Tunisi -. Il potenziale culturale di questa particolare popolazione è infatti grandissimo, soprattutto rispetto alle tecniche utilizzate per sopravvivere nella foresta». I pigmei che abitano le magiche e fitte foreste pluviali dell’Africa centrale sono difficili da censire. Secondo alcune statistiche, i numeri si aggirano tra i 150 mila e i 600 mila. Caratterizzati da un corpo fisico minuto, sotto i 155 centimetri di statura, i pigmei hanno da sempre dovuto superare enormi difficoltà poiché spesso vittime di discriminazione, schiavismo e, persino, cannibalismo. «Stiamo parlando di un popolo assai marginalizzato, minacciato dalla deforestazione, e prossimo all’estinzione – afferma Nganyade, imparentato lui stesso con dei pigmei della popolazione aka da parte di madre -. Attraverso questo progetto vorrei quindi che i loro diritti siano riconosciuti a livello nazionale cosicché possano conquistare un degno posto nella società». Il progetto architettonico prevede diversi spazi di: esposizione, consumazione del cibo locale, laboratori di agricoltura, caccia, e costruzione, e sale dove poter assistere a spettacoli di teatro, musica e danza. Inoltre, poiché i pigmei sono noti per vivere soprattutto all’esterno delle loro costruzioni, ci sarà una grande piazza centrale dove si terranno altre attività. Un serie di piccole capanne, invece, verranno utilizzate per far dormire i turisti. Per il momento, solo il Centro culturale francese ha dato spazio a Nganyade. Le autorità locali, infatti, sono alle prese con la difficile ricostruzione del Paese e non sembrano ancora interessate a progetti di questo tipo. Nonostante ciò, gli ostacoli provocati dal conflitto civile scoppiato alla fine del 2012 non spaventano il giovane architetto centrafricano: «In Africa gran parte dei problemi coinvolgono soprattutto le condizioni dei popoli autoctoni, quei popoli che fanno parte della nostra società sebbene la gente o il governo continui ad escluderli – dice con gran convinzione Nganyade -. È un comportamento ingiusto e senza giustizia non si può pensare di costruire alcun Paese». Matteo Fraschini Koffi per MONDO E MISSIONE - 9 dicembre 2016

Tags: attualità sociale

Matteo Fraschini Koffi - Giornalista Freelance