Congo / Obiettivi cristiani nel mirino dei miliziani
NAIROBI, Kenya - «I miliziani di Kamwina Nsapu hanno saccheggiato
il seminario maggiore di Malole a Kananga, cittadina della provincia del Kasai Centrale, nella Repubblica democratica del Congo. Hanno rotto sistematicamente le porte delle camere e distrutto tutto quello si trovava dentro, per poi entrare nelle stanze degli insegnati e bruciare i loro bagagli». Il rettore del seminario, don Richard Kitenge, ha descritto in modo dettagliato a Radio Okapi le violenze di sabato scorso. L’edificio religioso è stato infatti liberato dai ribelli solo dopo un intervento militare di un’ora lanciato dall’esercito congolese. Una situazione simile si è verificata anche nella capitale congolese, Kinshasa. «Domenica alcuni giovani sconosciuti hanno saccheggiato la parrocchia di San Domenico all’alba – ha riferito ieri all’agenzia Fides il parroco –. Il gruppo era organizzato con zaini per portare via gli oggetti da depredare». Sembra inarrestabile la serie di violenze brutali che spesso coinvolgono i più indifesi. Anche il Papa ha pregato durante l’Angelus per i «combattimenti e i bambini soldato» in Congo. Gruppi armati organizzati, soldati dell’esercito regolare e bande di milizie, continuano a uccidere e violentare con impunità. Proprio ieri, una squadra di militari congolesi è stata accusata di sparare contro dei civili in maniera indiscriminata: la loro azione è contenuta in un video di sette minuti che è stato pubblicato da gruppi di attivisti politici. «Il filmato mostra un massacro scioccante perpetrato da quelli che sembrano militari contro diverse donne e bambini – ha affermato un comunicato della sezione per le missioni di peacekeeping delle Nazioni Unite –. Le azioni riprese da tale video potrebbe costituire dei crimini di guerra». Gli investigatori della missione Onu nel Paese (Monusco) e di altre organizzazioni legate alla difesa dei diritti umani stanno investigando il materiale registrato. Secondo le prime ricostruzioni, i soldati si trovavano nel Kasai Centrale durante un pattugliamento, quando hanno iniziato a sparare alle vittime gridando nella lingua locale lingala: «Guarda, vengono ammazzati come animali». La settimana scorsa, un comunicato della Monusco aveva parlato di «101 civili uccisi» nel fuoco incrociato tra militari e i miliziani di Kamwina Nsapu. L’uccisione dello stesso leader Kamwina Nsapu, avvenuta lo scorso agosto nella località di Tshimbulu, ha provocato tensione nella provincia che si aggiunge a quella dei diversi conflitti in corso in tutta la Repubblica democratica del Congo. «Circa 25 civili sono stati massacrati dai miliziani Mai Mai Mazembe di etnia nande nel villaggio di Kyaghala nel Nord Kivu – ha dichiarato ieri Francis Bakundakabo, un funzionario governativo –. Le persone di etnia hutu sono state quasi tutte decapitate con i machete». Dalla capitale Kinshasa fino alle remoti regioni nord-orientali del Nord e Sud Kivu, il governo non riesce a gestire tale ondata di ribellioni. «Nessuno di questi conflitti è direttamente legato a un altro – ha commentato al New York Times Jason Stearns, direttore del Congo research group (Crg) di New York –, ma continuano a proliferare per il Paese poiché il governo è debole e contestato». Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 21 febbraio 2017
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