KENYA, alta tensione al voto

Kenya

AVVENIRE - Si contano già i morti e i feriti, alla vigilia della ripetizione delle elezioni presidenziali in Kenya. Molte le proteste di piazza in diverse località del Paese, tra cui la capitale, Nairobi , e la città-roccaforte dell’opposizione, Kisumu. Strade bloccate, edifici pubblici incendiati e gran parte delle scuole chiuse ormai a tempo indeterminato: il Kenya vive un’escalation di tensione. Inoltre, le ambasciate straniere hanno chiesto ai loro connazionali di «non uscire di casa nei prossimi giorni per motivi di grave insicurezza».

Sebbene siano circa 20 milioni i keniani registrati per votare, in molti hanno espresso la loro inquietudine nel recarsi alle urne domani. La gente ha paura. «Vi possiamo assicurare che sarete protetti» hanno dichiarato ieri le autorità, da giorni però impegnate in varie prove di forza con i sostenitori di Raila Odinga, il leader della coalizione di partiti oppositori, Nasa, il quale ha deciso di boicottare le elezioni. L’opposizione reclama da settimane concrete riforme all’interno della Commissione indipendente elettorale e dei confini (Iebc), la stessa il cui lavoro era stato bocciato dalla Corte Suprema in seguito alle precedenti elezioni dell’8 agosto. Quattro giudici su sei avevano definito il processo elettorale «non rispettoso della Costituzione». Proprio per questo i giudici si riuniranno nella mattina di oggi per capire se rinviare nuovamente la data delle votazioni. «La Commissione elettorale è divisa al suo interno e non può garantire correttezza e credibilità», aveva dichiarato Wafula Chebukati, presidente dello Iebc. «Richiamare la popolazione alle urne ora sarebbe un errore enorme – recitavano in questi giorni gli editoriali di diversi media internazionali, preoccupati per la crisi politica in corso nella più grande economia dell’Africa orientale –. Le autorità dovrebbero aspettare almeno un altro mese per gestire i problemi della Iebc e calmare gli animi delle fazioni in gioco».

La Commissione elettorale ha già visto l’uccisione di uno dei suoi funzionari più importanti, mentre la scorsa settimana un’altra funzionaria è riuscita a scappare negli Stati Uniti per paura di essere la seconda vittima. «La Iebc è sotto assedio», ha spiegato alla stampa Roselyn Akombe, ora residente in New Jersey e sicura di non poter più tornare in Kenya. «Le minacce contro di noi arrivavano dai po-litici, dai manifestanti e dagli agenti di sicurezza. Le vere decisioni erano prese fuori dalla Commissione – ha continuato l’ex ufficiale elettorale –, e noi eravamo costretti a seguire tali indicazioni senza discutere».

Il presidente uscente, Uhuru Kenyatta, aveva vinto lo scorso agosto con il 54% dei voti. Oltre a far parte dei kikuyu, il gruppo etnico più numeroso in Kenya, il figlio del primo presidente del Paese, Jomo Kenyatta, è riuscito a scagionarsi dalle accuse di crimini contro l’umanità sollevate dalla Corte penale internazionale (Cpi) in seguito alle violenze post-elettorali del 2007-2008. All’epoca, a causa di scontri interetnici, oltre 1.300 persone furono uccise e decine di migliaia di keniani costretti a scappare. Ora si temono nuove violenze di matrice etnica che hanno già preso di mira i luo, sostenitori di Odinga. Almeno 40 persone hanno già perso la vita durante questo periodo pre-elettorale in cui le forze dell’ordine hanno utilizzato proiettili veri e lacrimogeni per sedare gruppi di manifestanti inferociti, ultimo caso ancora ieri nel centro di Nairobi dove un corteo dell’opposizione è stato infine disperso. Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 25 ottobre 2017 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Matteo Fraschini Koffi - Giornalista Freelance