Congo / Proteste contro Kabila: 40 arresti
Paura e proteste hanno marcato la giornata di ieri in alcune città della Repubblica democratica del Congo. Almeno 40 persone sono state arrestate , spinte dall’opposizione e dalla società civile a manifestare contro il presidente, Joseph Kabila, che, da fine 2016, ha rimandato ancora una volta le elezioni, previste ora per il 23 dicembre 2018. «Vogliamo il ritiro di Kabila entro dicembre», gridavano i membri del movimento cittadino Lotta per il cambiamento (Lucha). Il continuo posticipo del processo elettorale è una delle principale cause delle violenze in gran parte del territorio. E anche nel Kasai – vasta provincia centromeridionale del Congo – l’origine della crisi è rintracciabile proprio nella difficoltà della autorità locali ad accedere a un voto che potrebbe garantire loro un maggiore rilievo politico. «La situazione in Kasai viene totalmente trascurata – ha denunciato Gabriel Sánchez, direttore delle operazioni di Medici senza frontiere –. Ci sono ancora comunità vulnerabili che hanno bisogno di assistenza sanitaria, rifugi, e cibo». Sebbene le brutali violenze scoppiate nell’agosto 2016 in Kasai siano in gran parte terminate, ora inizia il duro e delicato lavoro della ricostruzione. Non solo di cose materiali come edifici pubblici e privati. Anche, e soprattutto, di vite umane, vittime del fuoco incrociato tra l’esercito regolare e i diversi gruppi armati.
«Sono oltre 3.300 i morti causati dalle violenze negli ultimi mesi», affermava un rapporto dello scorso giugno redatto dalla Chiesa cattolica locale. Le agenzie umanitarie stanno inoltre riscontrando gravi casi di malnutrizione, soprattutto tra i bambini. Ma la sfida maggiore è raggiungere le aree più remote dove regna ancora molta insicurezza. Non solo in Kasai, ma anche in altre regioni come quella del Tanganyka, da tempo teatro di conflitti etnici. «Mancano le risorse dopo che almeno 6mila profughi congolesi hanno passato il confine con lo Zambia per rifugiarsi nel campo di Kenani», recita una nota dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Acnur). I profughi hanno accusato di violenze non solo i gruppi armati ma anche le Forze militari congolesi (Fardc). Scontri fomentati spesso da politici e uomini d’affari spietati che vogliono controllare ampie fette di territorio ricche di risorse naturali. Una settimana fa, per esempio, si è aperto nella località di Kavumu, in Sud Kivu, un processo contro 18 guerriglieri per aver rapito e stuprato 40 bambine dai 18 mesi ai 10 anni. Tra i responsabili c’è anche un deputato provinciale, Frèdèric Batumike. Attraverso il terrore veniva mantenuto il controllo su un vasto territorio da sfruttare per la ricerca di materie prime.
Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 17 novembre 2017 © RIPRODUZIONE RISERVATA