Congo, polizia senza freni: «sequestrato» un altro prete
«Le autorità hanno ordinato di rapire padre Sebastien. Alcuni agenti dell’Intelligence militare lo hanno aggredito prima di trascinarlo dentro la loro jeep e partire via con lui. Il sequestro è avvenuto subito dopo la Messa del mattino». Siamo di fronte all’ennesimo caso di sequestro di un religioso nella Repubblica democratica del Congo. È stata una suora a lanciare l’allarme di quest’ultimo rapimento avvenuto nella parrocchia di Saint-Robert a N’sele, nell’est della capitale Kinshasa. «Individui in uniforme sono scesi da un’auto e hanno cominciato a picchiarlo davanti a tutti – ha continuato la religiosa –. Il veicolo su cui viaggiavano gli agenti non aveva targa». I parrocchiani hanno riferito alla stampa locale di aver visto anche «un individuo sconosciuto che ha filmato padre Sebastian durante tutta la Messa». Sebastian Yebo opera nella parrocchia di Saint-Robert dallo scorso agosto. E il suo caso non fa che aggravare il clima di tensione tra lo Stato e la Chiesa in Congo. Dall’inizio dell’anno, la situazione è peggiorata terribilmente.
«Almeno 15 persone sono rimaste uccise negli scontri tra manifestanti pacifici e le forze di sicurezza», sostiene la missione delle Nazioni Unite in Congo (Monusco): membri delle associazioni laiche cattoliche che avevano organizzato le manifestazioni del 31 dicembre e del 21 gennaio a cui hanno aderito religiosi e fedeli. L’obiettivo è sempre quello di costringere il presidente, Joseph Kabila, a dare le dimissioni dopo 17 anni al potere. «I continui ritardi legati al processo elettorale rappresentano la causa principale delle violenze», affermano da tempo gli analisti politici.
Nell’estremo nord-est inoltre, dove da anni è in corso una feroce guerra civile, le voci dei preti cattolici hanno denunciato la corruzione delle autorità. In ballo c’è lo sfruttamento delle ingenti risorse naturali del sottosuolo. E anche per questo spesso si verificano episodi “dubbi”, che spesso viene semplicemente connotata come «violenza criminale». In questa regione, settimana scorsa, è stato rapito per due giorni padre Robert Masinda. «La chiesa locale ha assunto un ruolo sempre più importante in tutto il Paese grazie al lavoro sull’istruzione e l’assistenza sociale – sottolinea Georges Kapiamba, direttore dell’Associazione congolese per l’accesso alla giustizia (Acaj) –. Il governo si sente minacciato dai leader religiosi». Sebbene le elezioni generali fossero fissate alla fine del 2016, la Commissione elettorale nazionale ha recentemente stabilito che i 46 milioni di elettori registrati (solo questa settimana) potranno recarsi alle urne il 23 dicembre di quest’anno: due anni dopo la naturale scadenza del mandato di Kabila. Il tutto a fronte di un silenzio quasi totale del resto del mondo.
«Continueremo a lavorare a stretto contatto con il governo della Repubblica democratica del Congo e l’Onu per elezioni credibili, trasparenti e tempestive » ha assicurato laconicamente Nikki Haley, ambasciatrice degli Stati Uniti all’Onu. In un clima di violenza che non accenna a calare, anzi si espande.
Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 4 febbraio 2018 © RIPRODUZIONE RISERVATA