Io, giornalista di colore: in strada sento la paura

idy-diene-senegalese-ucciso-ponte-vespucci.jpg

Il ponte Amerigo Vespucci dista cinque minuti a piedi da dove abito. Lo percorro quasi tutti i giorni: ogni volta che vado alla stazione, se devo recarmi in centro, o quando faccio una passeggiata lungo l’Arno . Sono a Firenze da ottobre dell’anno scorso perché Sahel, mia figlia, è nata tre mesi fa e la mia compagna, Lou, ha casa qui nel capoluogo toscano.

Malgrado la bellissima avventura legata alla nuova paternità, sapevo che il periodo da trascorrere in Italia sarebbe stato duro per me. Da dodici anni, infatti, faccio la spola tra il Belpaese e l’Africa, collaborando per Avvenire con reportage dal Continente più giovane e sofferente. Dal 2013 abito a Lomé, in Togo, il Paese in cui sono nato e dove i miei genitori milanesi mi hanno adottato. Ed è lì che voglio far crescere mia figlia. Quando ho letto dell’uccisione di un’altra persona del mio colore a due passi da casa, chiamatemi paranoico, ma ho subito pensato che avrei potuto essere io la vittima.

Il Paese che mi ha adottato 36 anni fa sta mostrando il suo lato peggiore. Il disprezzo per il 'diverso' continua ad aumentare e gli esempi di odio insensato sono sempre più numerosi. Ancora non si sanno le vere ragioni di tale omicidio. Sembra che l’assassino abbia «ucciso a caso» o che «il movente non era razzista». Io non ne sono così sicuro. Per molti la vita di un nero vale meno rispetto a quella di un bianco.

Di una cosa sono invece certo: in seguito ai tristi fatti di Macerata ho iniziato a guardarmi alle spalle. Mentre cammino per strada sento la necessità di controllare chi potrebbe essere il mio potenziale aggressore. Andando a fare la spesa mi ritrovo a scrutare le espressioni delle persone che incrocio. È una brutta sensazione che si è ormai trasformata in un’abitudine. Sembra paradossale, specialmente se penso a quanti contesti difficili ho visitato negli ultimi anni.

Al momento mi trovo in Camerun, marchiato dalla minaccia jihadista nel nord, teatro di un conflitto interno a ovest, e recipiente di migliaia di rifugiati nell’est. Potrà sembrarvi strano, ma mi sento più al sicuro qui che in Italia.

MATTEO FRASCHINI KOFFI © RIPRODUZIONE RISERVATA

Copyright © Avvenire - 6 marzo 2018

Tags: attualità avvenire cronaca

Matteo Fraschini Koffi - Giornalista Freelance