Somalia, la guerra segreta Usa

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LOMÉ, Togo - Il sergente maggiore Alexander W. Conrad aveva solo 26 anni. È lui l’ultima vittima delle “guerre d’ombra” che l’esercito statunitense sta discretamente conducendo negli angoli più bui del continente africano. In questo caso il teatro dei combattimenti è il sud della Somalia.

«Quattro dei nostri militari sono rimasti feriti durante l’attacco jihadista che ha ucciso venerdì scorso un soldato – ha riferito domenica il Comando africano degli Stati Uniti (Africom) di base a Stoccarda –. Gli scontri sono avvenuti nella regione di Jubba, 350 chilometri a sud-ovest della capitale, Mogadiscio». Conrad, veterano pluridecorato della guerra in Afghanistan, faceva parte delle forze speciali. Il suo battaglione, incaricato di assistere l’esercito somalo e keniano nella Somalia meridionale, è stato preso di mira dai militanti di al-Shabaab. «Ci hanno attaccato nell’area di Baar Sanguni con fucili e lanciarazzi – ha detto il colonnello somalo Abdi Ibrahim –. Siamo qui per liberare l’area occupata da al-Shabaab, li combatteremo fino a sconfiggerli».

Il giorno dopo, sabato scorso, c’è stato un altro scontro a fuoco nello stesso luogo. Un’autobomba è esplosa davanti all’entrata della base militare ferendo almeno sette soldati somali, secondo le autorità, sebbene i ribelli abbiano detto di aver «ucciso 40 militari». Il presidente Usa, Donald Trump, aveva approvato l’anno scorso un’espansione delle operazioni contro al-Shabaab, aumentando così il numero del personale militare e l’uso dei droni per colpire i ribelli dal cielo.

«I circa 500 soldati americani sparsi per tutta la Somalia – hanno affermato alla stampa fonti dell’intelligence somala – sono composti da unità che includono berretti verdi, marine raiders e Navy seals». Con il coinvolgimento delle Forze speciali, coordinato dalla base militare Usa nel vicino Gibuti, stanno però aumentando anche i casi in cui molti innocenti rimangono vittime di un conflitto che dura da trent’anni. I militari americani sono stati infatti accusati più volte di aver partecipato ai massacri di civili insieme all’esercito somalo. È successo per esempio il 25 agosto scorso in cui sono morte 10 persone, incluso un bambino in seguito a un’operazione lanciata dagli Stati Uniti nella località centrale di Bariire. Inoltre, è ormai frequente che gli shabaab uccidano pubblicamente o imprigionino chiunque venga considerato una spia degli “infedeli”. Da quando il governo somalo è stato riconosciuto per la prima volta dalla comunità internazionale nel 2013, c’è stato un inasprimento degli attentati contro il Paese.

Civili e autorità somale, organizzazioni umanitarie e militari stranieri, sono tutti nel mirino di al-Shabaab, pronto ad attaccare ovunque e in qualsiasi momento. Il più tragico attentato jihadista nella storia del Paese è avvenuto lo scorso 14 ottobre quando un camion- bomba è esploso uccidendo oltre 580 persone a Mogadiscio. Il presidente somalo, Mohamed Abdullahi («formaggio»), in carica da febbraio 2017, sta infatti dimostrando di non riuscire a sedare l’offensiva del fronte jihadista in corso dal 2006.

Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 12 giugno 2018 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Matteo Fraschini Koffi - Giornalista Freelance