Camerun/La rivolta «inglese» non si ferma
LOMÉ, Togo - La crisi nelle regioni anglofone del Camerun continua ad aggravarsi. Il governo ha lanciato ieri un «piano d’urgenza » destinato a migliorare le condizioni di circa 5 milioni di persone , il 20 per cento della popolazione camerunese, dopo mesi di uccisioni, arresti e scontri. Secondo le autorità, sono «decine» gli agenti della sicurezza morti negli ultimi mesi. «Almeno 84 fra poliziotti e militari sono rimasti uccisi in seguito ai combattimenti con i separatisti», ha annunciato ieri Philemon Yang, il primo ministro camerunese. «Il governo stanzierà quindi 220 milioni di dollari al più presto. Tale denaro – ha continuato Yang – servirà per un piano di assistenza umanitaria nei confronti di centinaia di migliaia di civili che vivono in condizioni precarie a causa dei terroristi». Sebbene non si ab- biano cifre precise, secondo Amnesty international il numero delle vittime sta aumentando sui due fronti. «Tanto i militari quanto i separatisti sono responsabili di atti criminali – si legge nell’ultimo rapporto dell’organizzazione sulla situazione nel Paese datato 12 giugno –. Da mesi si registrano uccisioni di soldati, morti e torture tra i civili, scuole incendiate, aggressioni contro gli insegnanti, e arresti indiscriminati».
Le autorità hanno più volte parlato di «dialogo » con i ribelli senza però agire in modo concreto. Dall’altra parte, invece, sembra che i separatisti abbiano continuato a «comprare armi per reclutare nuovi miliziani e attaccare gli agenti della sicurezza». Le popolazioni delle regioni anglofone di Sud-Ovest e Nord-Ovest si sentono marginalizzate da decenni e derubate delle ricchezze naturali. Le ultime proteste sono scoppiate nell’ottobre del 2016 quando gli avvocati hanno proclamato uno sciopero seguito poi da quello degli insegnanti. Mentre i primi richiedevano leggi basate sul diritto comune britannico, i secondi protestavano contro il sistema educativo basato sul francese e la nomina di francofoni nelle posizioni più privilegiate. «La crisi attuale sta mettendo a rischio le elezioni presidenziali che si dovrebbero tenere a ottobre – spiegano gli esperti –. L’opposizione punta infatti a interrompere i 36 anni ininterrotti di governo del presidente Paul Biya».
Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE 22 giugno 2018 © RIPRODUZIONE RISERVATA