Camerun, tre missionari rapiti nel sud anglofono

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BISSAU, Guinea Bissau - La tensione continua a montare nelle regioni anglofone del Camerun. Ieri è stata resa pubblica la notizia di un altro rapimento che ha preso di mira tre camerunesi: padre Jude Thaddeus Langeh Basebang, padre Placide Muntong e un loro studente della stessa congregazione religiosa. Tutti e tre missionari clarettiani dei Figli del cuore immacolato di Maria. «Il sequestro è avvenuto sulla strada verso Muyenge, nella provincia Sud-Ovest del Camerun», ha confermato una fonte religiosa che preferisce mantenere l’anonimato per questioni di sicurezza.

«Era il 24 novembre e i tre religiosi stavano effettuando una missione di evangelizzazione e di assistenza umanitaria presso la parrocchia locale. A un certo punto – continua la fonte –, un gruppo di uomini armati ha bloccato loro la strada e li ha portati via». Il segretario generale dei clarettiani, padre Joseba Kamiruaga, ha dichiarato che «bisogna avere cautela in questo momento perché sono in corso delle trattative». Alcune voci puntano il dito contro i separatisti dell’Ambazonia, il vecchio nome con cui era chiamata la parte anglofona del Paese. Altri parlano di criminali comuni. Persino le autorità non sono escluse da un possibile coinvolgimento. «Le persone e gli istituti religiosi sono sempre di più il bersaglio principale delle violenze – afferma la stampa locale –. Per ora non ci sono ancora state reazioni da parte del governo».

Settimana scorsa è rimasto ucciso nella stessa regione padre Cosmas Omboto Ondari, un missionario keniano appartenente alla Società missionaria di San Giuseppe di Mill Hill. Nonostante il Kenya abbia insistito affinché fossero avviate delle indagini, si sa molto poco del delitto. Anche sul caso di Charles Trumann Wesco, un missionario statunitense ucciso nella regione del Nord-Ovest a metà novembre, le autorità non hanno dato risposte soddisfacenti. Inoltre, alcune scuole religiose sono finite nel mirino dei sequestratori. Tra alunni, insegnanti, direttori e impiegati, oltre cento persone sono state rapite e in seguito liberate in varie località del Camerun anglofono nell’ultimo mese.

«È un conflitto ancora a bassa intensità – afferma ad Avvenire una fonte dell’Onu sul campo –. Inoltre il governo camerunense non vuole che se ne parli». Da più di due anni le regioni del Sud-Ovest e Nord-Ovest sono teatro di massacri e scontri. Da una parte ci sono i miliziani separatisti, desiderosi di rendere il Camerun anglofono indipendente. Dall’altra c’è l’esercito a cui le autorità hanno ordinato di sedare qualsiasi moto insurrezionale. In mezzo i civili, gran parte dei quali hanno lasciato il territorio per rifugiarsi nella parte francofona o in Stati limitrofi.

L’area anglofona è troppo importante economicamente per essere abbandonata. «Il governo e l’esercito sono i principali responsabili di questa crisi – sostiene John Fru Ndi, oppositore del presidente camerunese, Paul Biya, e capo del Fronte sociale democratico (Sdf) –. Non hanno alcuna intenzione di aprire un dialogo sincero ». Secondo Amnesty International, però, «entrambe le parti sono responsabili di torture, uccisioni e della fuga di migliaia di persone».

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Matteo Fraschini Koffi - Giornalista Freelance