MOZAMBICO/L’emergenza, restano le infezioni
MOZAMBICO - «In quest’area i danni sono stati meno gravi rispetto alla città di Beira o a tutta la provincia di Sofala. Nelle zone rurali le persone erano però molto meno preparate a reagire al disastro rispetto agli abitanti delle zone urbane. Qui, prima del ciclone Idai, la gente aveva pochissimo. Ora non ha più niente» . Joao Silva, operatore umanitario portoghese di 26 anni, parla dalla località di Chimoio, in Mozambico. A tre mesi dalla tragedia che ha causato la morte di oltre 600 persone nel Paese, la popolazione è ancora impegnata a ricostruire la propria vita. Idai, tra i peggiori cicloni a colpire il continente africano, ha distrutto in due settimane case, strade, ponti, edifici, vegetazione. Nell’area centrale di Chimoio, situata a due passi dal confine con lo Zimbabwe, la onlus Weworld-Gvc appoggiata dall’Unicef ha avviato dei programmi per sensibilizzare la popolazione locale sull’importanza di alcune pratiche igieniche. «C’erano case alte tre metri che ora sono sommerse – spiega Silva, assistente manager dei programmi di Weworld-Gvc –. Le inondazioni hanno portato feci e rifiuti verso i fiumi dove la gente si lava e beve».
Malattie e infezioni di vario genere continuano a essere una minaccia devastante per le comunità. Per questo le organizzazioni umanitarie stanno costruendo latrine, fornendo filtri per rendere potabile l’acqua e insegnando a prevenire il diffondersi delle infezioni. «I bambini sono ancora profondamente traumatizzati da ciò che Idai ha provocato nelle loro giovani vite – riferisce la Caritas, impegnata nel distribuire cibo e beni di prima necessità a migliaia di famiglie affette dalla tragedia –. Soffrono la fame, il fatto di non avere una casa e i cambiamenti dovuti soprattutto alla loro istruzione ». Un numero imprecisato di scuole è infatti stato
distrutto o danneggiato. Le comunità si sono quindi organizzate per ricostruire gli edifici e far ripartire l’anno scolastico il prima possibile. Ma i ricordi indelebili del ciclone, che ha preso di mira pesantemente anche Zimbabwe, Malawi e Madagascar, continuano a influenzare la quotidianità di chi ha perso tutto: familiari, amici, lavoro e case. «In questi tre mesi abbiamo fatto molti progressi rispetto agli aiuti umanitari – ha recentemente affermato Ursula Mueller, alto rappresentante Onu per gli affari umanitari –. La comunità internazionale deve però mantenere tali livelli di solidarietà e sostegno per aiutare le vittime a ritrovare la propria forza nel lungo termine».
Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 29 giugno 2019 © RIPRODUZIONE RISERVATA