Violenze, abusi, torture: così le scelte dell’Europa stanno cambiando volto all’Africa
NIGER - «La criminalizzazione della migrazione da parte dei governi europei e non europei ha significativamente aumentato la vulnerabilità delle persone in movimento, siano migranti, rifugiati, richiedenti asilo, commercianti o lavoratori stagionali». L’organizzazione umanitaria Medici senza frontiere (Msf ) spiega così la nuova situazione che si è venuta a creare nel vasto nord del Niger. Da quando l’Unione europea ha avviato i suoi recenti programmi per fermare la migrazione africana verso il Vecchio continente, le sofferenze dei migranti sono aumentate invece di diminuire. Giovani e vecchi, donne e uomini, genitori e figli di gran parte dell’Africa occidentale e centrale stanno vagando nel deserto con la speranza di sopravvivere. I flussi che una volta erano diretti verso nord, ora sono sempre più diretti verso sud. Espulsi da Libia e Algeria, i principali Paesi con cui l’Ue ha firmato accordi (a volte di carattere altamente confidenziale) per il ritorno dei migranti verso il Niger, decine di migliaia di persone sono costrette ogni giorno a ripercorrere un viaggio disumano.
«Immagina di aver visto i tuoi familiari, amici o compagni di viaggio morire lungo il tragitto», racconta Aiva Noelsaint, coordinatrice di un progetto di Msf legato all’assistenza medico-umanitaria nella regione settentrionale di Agadez. «C’è chi ha visto soccombere 25 dei suoi 30 compagni dopo che il veicolo su cui viaggiava è andato in avaria e nessuno è riuscito a soccorrerli. Questo tipo di esperienza – assicura Noelsaint – può lasciare traumi permanenti. Si può inoltre restare diversi giorni senza cibo, acqua, o assistenza medica ». I migranti di oggi sono costretti a evitare i percorsi di ieri. Scelgono vie più pericolose come quelle attraverso il deserto del Ténéré e il massiccio dell’Air. I rischi di sfruttamento e violenze
aumentano. Gli agenti di polizia locali, pagati anche grazie ai finanziamenti degli accordi con l’Ue, si sentono giustificati nell’usare ogni mezzo possibile per fermare l’ondata migratoria. Sono quindi all’ordine del giorno arresti, aggressioni, stupri e ruberie. «I bisogni di protezione e di informazione delle persone nel deserto restano ampiamente insoddisfatti – continua Noelsaint –. Così come il bisogno di un riparo e di guadagnarsi da vivere». Per tentare di seguire al meglio le tracce dei migranti, l’Organizzazione internazionale per la migrazione (Oim) ha installato diversi Punti di monitoraggio dei flussi sparsi in varie località del Niger. «A giugno 15.444 migranti sono entrati in Niger e 15.761 ne sono invece usciti – riferisce un recente rapporto dell’Oim –. Sono invece quasi 21mila i migranti che si sono spostati internamente al Paese». L’Oim ha iniziato a monitorare i flussi migratori in questo modo dal 2016. Nonostante i finanziamenti europei siano radicalmente aumentati per l’organizzazione, una parte dei loro operatori ammette di trovarsi in una posizione assai controversa. «L’Unione europea sta finanziando i nostri programmi molto di più rispetto al passato – ha commentato sotto anonimato un membro dell’Oim nella capitale senegalese, Dakar, dove ha sede l’ufficio regionale –. Ma nelle riunioni ci accorgiamo che il loro unico obiettivo è ricevere cifre che dimostrino una radicale riduzione dei flussi verso nord». Le nuove misure adottate per fermare la migrazione africana verso l’Europa attraverso il Niger la stanno rendendo solo più pericolosa. Gran parte dei migranti, infatti, supera ogni giorno la paura di affrontare l’ignoto.
Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 1 agosto 2019 © RIPRODUZIONE RISERVATA