SOMALIA, "Esilio" a Gibuti per ripartire

per Avvenire

Festa dell’indipendenza vietata dagli shabaab, ma nasce la Costituzione

GIBUTI – Il braccio teso di Mohamed posiziona il cel­lulare a pochi centimetri dalla bocca del rappresentante dell’Unione Europea per la Somalia, Georges-Marc André, mentre pro­nuncia le ultime parole del suo discorso: «Sia­mo qui per sostenervi nel difficile processo» costituzionale che oggi abbiamo iniziato e vi facciamo i più sentiti «auguri per la vostra fe­sta dell’indipendenza». È così che dal vicino e più sicuro Gibuti, que­ste parole sono arrivate direttamente ad alcu­ne radio somale e ai loro ascoltatori. Un frago­roso applauso si è levato, seguito da urla e can­ti di una popolazione, quella somala, che gior­no dopo giorno cerca di sfidare lo scetticismo internazionale che la considera parte di uno «Stato fallito», o vittima della «peggiore crisi u­manitaria al mondo». È certamente doloroso il fatto che nonostante molti Stati africani que­st’anno abbiano festeggiato il cinquantesimo anniversario dell’indipendenza nelle piazze delle loro capitali, la stessa cosa non sia potu­ta succedere l’altro ieri in Somalia.

Questo è il triste destino di un Paese che, dopo vent’anni di guerra civile, ha visto un’impo­nente delegazione costretta a scappare dai con­tinui bombardamenti della capitale Mogadi­scio per festeggiare nel vicino Gibuti. Qui, do­ve è stato concepito il martoriato Governo fe­derale di transizione somalo ( Tfg) del presi­dente Sharif Sheik Ahmed, si sono riuniti rap­presentanti dell’Unione Europea, dell’amba­sciata americana, delle varie agenzie delle Na­zioni Unite e di alcune organizzazioni non go­vernative internazionali. Inoltre era presente un folto gruppo di somali della diaspora e diversi esponenti della società civile residenti non solo nella Somalia centro­meridionale, ma anche nelle regioni semiau­tonome del Puntland e del Somaliland. Solo a Gibuti, discorsi, canti e balli, sono stati espres­si liberamente durante la cerimonia dell’indi­pendenza dall’Italia, avvenuta il primo luglio del 1960. «È vietato festeggiare l’anniversario dell’indipendenza della Somalia, perché è una festa contraria alla sharia», aveva an­nunciato giovedì al Shabaab, il più radicale gruppo ribelle che occupa gran parte della Somalia. Pochi non si sono piegati al vole­re degli estremisti, tra questi O­sman Abdullahi Gure, direttore di Radio Shabelle che recente­mente ha spostato i suoi uffici nella parte più sicura di Mogadi­scio: «Non rispetteremo que­st’ordine », ha affermato Abdul­lahi Gure.
Ma a Gibuti non si festeggiava so­lo l’indipendenza della Somalia, poiché, dopo anni di lavoro, la Federazione indipendente per la commissione costituzionale (Ifcc), ha annunciato la nascita della prima boz­za della Costituzione somala che presto sarà consegnata al governo per l’eventuale revisio­ne. La Somalia sarà quindi una nazione unica che comprenderà le regioni del Somaliland e del Puntland e che avrà l’islam come religione ufficiale del Paese. Si è stabilito anche un raffor­zamento della difesa dei «diritti umani senza discriminazioni di tipo sessuale, religioso», o riguardanti «lo status sociale di un individuo». Inoltre, l’educazione «dovrà essere alla porta­ta di tutti, non solo dei residenti nei centri ur­bani del Paese, ma anche nelle aree più remo­te in cui vive quella parte di popolazione più de­dita alla pastorizia. Sarà anche garantita «la possibilità alle donne di partecipare in tutte le sfere sociali del Paese, compresa quella politi­ca». La bozza della costituzione dovrà essere ap­provata entro agosto del prossimo anno. «No­nostante i molti ostacoli – ha confermato Zara Omaar Malin, coordinatrice somala dell’Ifcc – siamo soddisfatti del risultato raggiunto e con­sideriamo questa bozza come il primo fonda­mentale passo per la futura stabilità della So­malia». INTERVISTA/1 «Concentriamoci su chi vuole la pace L’esecutivo si allei con la popolazione»

Come inviato speciale dell’Ue per la Somalia, Georges-Marc André ha la responsabilità di gestire la maggior parte dei finanziamenti diretti verso il Paese, un’ingente somma di circa 215 milioni di euro, di cui 117 ancora da allocare. Secondo André, la bozza della Costituzione è un passo decisivo per av­viare «un processo di pace voluto dalla maggioranza della popolazione». In che cosa si è tradotto il sostegno del­l’Ue alla Somalia?
Siamo l’entità governativa con la maggior quantità di aiuti economici diretti verso l’addestramento di militari somali in U­ganda, la polizia, e i membri del governo di transizione federale somalo (Tfg). Inoltre, finanziamo i progetti di varie Ong sul cam­po. In passato siamo stati criticati per i no­stri finanziamenti diretti agli apparati di si­curezza statale, ma senza di loro, soprat­tutto nel contesto somalo, difficilmente sarà possibile ricostruire un solido Stato.
Con il lancio della bozza costituzionale dove saranno indirizzati i vostri aiuti?
Stiamo sostenendo il Paese nell’attuare la migliore strategia per rendere possibile la lettura della bozza sia alle autorità sia al­la società civile. Mi auguro che nei pros­simi giorni la bozza arrivi al governo di transizione federale a Mogadiscio e inizi il suo processo di diffusione nel resto del territorio.
L’Unione europea ha intenzione di ini­ziare un dialogo anche con i ribelli e­stremisti che hanno rifiutato la Costitu­zione per principio? Purtroppo iniziare un dialogo con i ribel­li non è fattibile. Le posizioni radicali al­l’interno della Somalia formano il 18% di tutto il popolo, per il momento quindi vo­gliamo concentrarci su chi preferisce la pace piuttosto che la guerra. È inoltre fon­damentale che il Tfg inizi a vedere la so­cietà civile come un alleato contro i ri­belli, piuttosto che un nemico. INTERVISTA/2: Valorizzato il ruolo delle donne.Hibo Yassin è la capo missione per l’orga­nizzazione non go­vernativa italiana della Coo­perazione per lo sviluppo dei Paesi emergenti (Cospe) che ha una sede a Nairobi, in Kenya. Dal 1996, insieme al­l’associazione somala Iida, si occupa del ruolo della donna nella società della So­malia, dilaniata da una guerra che per vent’anni ha ucciso i figli, i mariti e i pa­dri di queste donne corag­giose. Quali sono i risultati con­creti raggiunti a livello po­litico e sociale da parte del­le donne somale?
Sebbene la strada sia anco­ra lunga, dopo anni di im­pegno siamo riuscite a po­sizionare alcune donne nel governo regionale e in altri comitati distrettuali. Inoltre, ben sette donne ora fanno parte della Federazione in­dipendente per la commis­sione costituzionale (Ifcc), un grande risultato per far pressione affinché sia giu­stamente valorizzato il ruo­lo della donna in Somalia.
In che modo la bozza della Costituzione rafforzerà il ruolo della donna?
Avremo un maggiore rico­noscimento nell’ambito uf­ficiale, non solo civile, che dovrà essere garantito per tutti e tre i poteri dello Sta­to. Nel giudiziario, per e­sempio, fino alla fine vole­vano escluderci attraverso delle inutili clausole, ma grazie anche alla direttrice del coordinamento dell’Ifcc, Zara Omar Malin, siamo riu­scite a mantenere la nostra possibilità di partecipazio­ne. Attraverso quali procedure i Paesi donatori potrebbero aiutare le varie associazio­ni di donne che negli anni si sono formate sul campo? Le donne somale sono lea­der in tutte le posizioni del­la sfera sociale, tranne che nella continuazione di que­sta terribile guerra civile, ma è necessario che siano av­viati dei progetti volti ad ad­destrarle e ad educarle in va­ri ambiti. In Somalia, per via della mentalità di alcune persone e dell’estremismo islamico, molte donne non sanno del potenziale che o­gnuna di loro ha per cam­biare le cose.

Matteo Fraschini Koffi

 

 

© riproduzione riservata

 

Tags: avvenire