Somalia, altre bombe sul voto presidenziale

Somalia

NAIROBI, Kenya - Un camion-bomba, poi l’irruzione armata, e poi una seconda esplosione di una vettura

. La capitale somala, Mogadiscio, è stata nuovamente colpita dalla furia dei jihadisti di al-Shabaab, intenzionati a bloccare le prossime elezioni presidenziali con ogni mezzo. Il bilancio dell’attentato di ieri mattina è di almeno 28 morti e 51 feriti, molti dei quali gravi. «Gli estremisti hanno attaccato l’hotel Dayah – ha riferito il colonnello Abdiqadir Hussein, un ufficiale della polizia locale, mentre la sparatoria era ancora in corso –. Le forze di sicurezza sono ora dentro l’edificio per salvare le persone e concludere l’operazione». Secondo le prime ricostruzioni, i ribelli si sono serviti di un camion comunemente usato per trasportare carbone, riempiendolo di esplosivo. Dopo averlo lanciato contro il cancello d’entrata dell’hotel, è scattato il blitz degli uomini armati di fucili semiautomatici e granate. «Nell’attacco sono morte sette guardie della sicurezza e 15 civili», ha confermato ieri dalla scena dell’attentato Abdirizak Umar, ministro della Sicurezza somala. Poco dopo l’irruzione, invece, c’è stata un’altra esplosione che ha provocato un incendio nelle abitazioni a ridosso dell’albergo, dove si sarebbero registrate le altre sei vittime. Mentre alcuni testimoni sostengono che gli assalitori abbiano fatto esplodere un secondo ordigno piazzato su un’auto, altre fonti parlano invece di una bombola di gas scoppiata accidentalmente durante la sparatoria. «Alcuni mujaheddin molto ben armati hanno attaccato l’hotel – confermava, mentre era ancora in corso l’azione, un membro di al-Shabaab alla radio Andalus, spesso usata dai ribelli per rivendicare i loro attentati –: ora stanno combattendo dentro l’hotel». Le immagini della via al Mukarama, tra le strade più trafficate della capitale, mostravano edifici, macchine e negozi completamente distrutti. Nonostante siano molte le vittime, le autorità si aspettavano un attacco e avevano quindi aumentato il livello di sicurezza attorno a questo particolare hotel frequentato da molti deputati somali. A febbraio, infatti, il Parlamento dovrebbe eleggere il prossimo presidente che succederà ad Hassan Sheikh Mohamud. Ma è almeno la quarta volta che le elezioni, inizialmente previste per agosto dell’anno scorso, sono state rimandate. «Gli shabaab non vogliono proprio che queste elezioni avvengano », spiega Muhyadin Ahmed Roble, editore dell’emittente locale Radio Ergo: «Sono stati oltre una dozzina gli attentati gravi compiuti dai miliziani nel corso del 2016. Otto dei quali hanno preso di mira Mogadiscio – continua Roble –, la capitale da cui il gruppo terroristico si sarebbe ritirato nel 2011». In seguito all’offensiva portata avanti dalle truppe della Missione dell’Unione africana in Somalia (Amisom), di concerto con le Forze di difesa kenyane (Kdf), i ribelli hanno iniziato da tempo a rispondere con attentati rapidi e mirati. Abbandonando la difesa delle posizioni a ridosso della città. I kamikaze del gruppo islamico hanno infatti assunto un ruolo sempre più “rilevante” rispetto all’inizio dei combattimenti, circa dieci anni fa. Inoltre, è la prima volta da quando è cominciata la guerra civile nel 1991 che la Somalia ha un governo riconosciuto dalla comunità internazionale. «Le elezioni serviranno solo gli interessi dei Paesi stranieri che siamo determinati a fermare», aveva affermato Sheikh Ali Mohamud Rageh, portavoce degli insorti. Questi continui ritardi elettorali, però, non sono unicamente legati al problema della sicurezza. Un’altra ragione è infatti l’alto livello di corruzione che regna all’interno dell’establishment politico somalo. Matreo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 26 gennaio 2017

 

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