CAMERUN / Giallo sulla morte del vescovo Bala e di due sacerdoti
LOMÉ ( TOGO) - «I vescovi non si suicidano», dichiara monsignor Cornelius Esua, arcivescovo della cittadina di Bamenda, nel nord-ovest del Camerun, rispetto alla morte del suo confratello, il vescovo Jean-Marie Benoit Bala , il cui corpo è stato trovato nel fiume Sanaga il 2 giugno. Eppure, in un primo tempo, sembrava che monsignor Bala si fosse tolto la vita. Colpa di un biglietto, trovato nell’auto del pastore, in cui c’era scritto: «Sono nell’acqua». A far cambiare idea agli inquirenti ci ha pensato la successiva autopsia che parla di una morte violenta con possibili segni di tortura. Secondo il referto, il corpo del vescovo sarebbe stato buttato in acqua quattro ore prima di essere stato scoperto dalle autorità. Un intrigo apparente legato alla morte di un altro religioso, padre Armel Djama, direttore del seminario di Saint-André di Bafia, il cui cadavere è stato trovato a fine maggio nella propria stanza. «Monsignor Bala è stato ucciso perché stava rivelando le ragioni dietro alla morte del confratello Djama », ha affermato gran parte della stampa camerunese. Mercoledì scorso, è stato trovato il corpo di Augustin Ndi, sacerdote della cittadina meridionale di Nguti. La porta della sua stanza era stata visibilmente sfondata, ma anche in questo caso non si hanno prove sulle responsabilità degli assassini. «Qui in Camerun ci sono molte realtà e movimenti ambigui che cercano di danneggiare la Chiesa - aveva recentemente affermato padre Fernando Garcia, superiore provinciale dei missionari saveriani –. Si tratta di gruppi molto forti collegati al potere o alle società segrete come l’ Ordine della Rosa-Croce». Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 13 giugno 2017
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