Ucciso in Mali lo storico capo di al-Qaeda per il Maghreb

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DAKAR, Senegal - Un duro colpo è stato, apparentemente, sferrato contro i jihadisti nel Sahel affiliati ad al-Qaeda: l’esercito francese ha infatti affermato di aver ucciso il leader di al-Qaeda per il Maghreb islamico (Aqmi). Una notizia che, se confermata, avrà forti ripercussioni anche su altri gruppi terroristici che combattono e si combattono tra loro in Paesi del continente africano come Nigeria, Somalia e Mozambico. «L’algerino Abdelmalek Drouk- del è stato ucciso giovedì a nordovest della città settentrionale di Tessalit, in Mali – recita una nota di Florence Parly, ministro della Difesa francese –. Diversi suoi collaboratori sono stati ugualmente uccisi ». L’operazione è stata condotta, soprattutto, con i droni Reaper.

Per il momento Aqmi non si è ancora pronunciata e Parigi ha più volte annunciato la morte di leader jihadisti che, invece, erano sopravvissuti agli attacchi delle operazioni militari francesi nel Sahel. Aqmi si era riunita nel 2017 con altre fazioni jihadiste per formare il Gruppo di sostegno all’islam e ai musulmani (Gsim). La Francia ha inoltre annunciato la cattura di «un membro importante dell’Isgs», lo Stato islamico nel grande Sahara, acerrimo rivale del Gsim nella regione.

Negli ultimi mesi, approfittando anche delle misure legate alla pandemia di coronavirus, diversi gruppi di militanti islamici in Africa subsahariana hanno lanciato varie operazioni di destabilizzazione con l’obiettivo di guadagnare terreno. In Mozambico, per esempio, è stato recentemente attaccato il villaggio di Macomia, nella provincia settentrionale di Cabo Delgado. Settimana scorsa, i terroristi islamici hanno bruciato case, negozi, scuole, edifici religiosi e governativi, costringendo gran parte della popolazione a fuggire.

«Al momento dell’attacco 27 dei nostri operatori si trovavano all’interno del centro di salute prima di nascondersi nella boscaglia per due giorni – ha spiegato Caroline Gaudron Rose, capo-missione di Medici senza frontiere (Msf) in Mozambico –. La nostra capacità di raggiungere i più vulnerabili è quindi a rischio a causa dell’aumento delle violenze». Sebbene attacchi di questo tipo si siano verificati nel nord del Mozambico dal 2017, da marzo di quest’anno si sono intensificati: «Si tratta di mozambicani disoccupati che si ispirano allo Stato islamico (Daesh) – affermano gli esperti –. Tale conflitto è legato alle ingenti risorse energetiche scoperte nel Paese».

Una situazione sempre più estrema, al punto che le Nazioni Unite hanno iniziato a comparare la crisi mozambicana a quella della Nigeria degli ultimi 10 anni con i jihadisti di Boko Haram. Anch’essi avevano iniziato nel nord nigeriano, espandendosi in seguito verso gli Stati limitrofi di Camerun, Niger e Ciad. A complicare ulteriormente il quadro dell’offensiva jihadista in Africa anche la situazione in Somalia. Dove i qaedisti di al-Shabaab agiscono in competizione con i militanti di Abnaa ul-Calipha, conosciuto anche come Stato islamico in Somalia. Quest’ultimo gruppo, riconosciuto dal Daesh di Abubakr al-Baghdadi nel dicembre del 2017, ha già rivendicato diversi attentati compiuti non solo nel nord del Paese, dove ha avuto origine, ma anche nella martoriata capitale somala, Mogadiscio.

Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 6 giugno 2020 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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