In Sudan la piazza non cede L’esercito cambia «cavallo»

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Lomé, TOGO - Il Sudan sta veramente voltando pagina? Per certi aspetti forse sì. Con le dimissioni di venerdì sera dell’ex primo vice-presidente, Awad Ibn Auf, il Consiglio militare transitorio ha deciso di nominare il generale Abdel-Fattah Burhan. Quest’ultimo si è infatti impegnato nel provare da subito a soddisfare alcune richieste della popolazione che in gran parte continua a protestare pacificamente nella capitale sudanese, Khartum. L’era dell’ex presidente Omar el-Bashir sembra quindi volgere al termine. «Abbiamo confermato alla gioventù del Sudan lo sradicamento di tutte le componenti del vecchio regime e dei suoi simboli – ha riferito Burhan in una nota ai media –. Sarà inoltre eseguita la liberazione di tutti i detenuti arrestati in base alla legge d’emergenza e di tutte le altre leggi concernenti le ultime manifestazioni». Cosa che in serata è stata fatta. Durante il discorso alla nazione fatto dal nuovo leader della giunta militare, è stata annunciata anche la revoca del coprifuoco che, inizialmente, doveva durare un mese.

Per due giorni, però, i manifestanti sono andati avanti con i sit-in davanti al quartier generale dell’esercito, sfidando il coprifuoco notturno imposto dalla giunta milita- re all’indomani del colpo di Stato. Burhane ha inoltre assicurato che si impegnerà a «portare dinanzi alla giustizia coloro che si sono resi responsabili dell’uccisione dei manifestanti ». Infine, si è “dimesso” ieri un altro importante uomo del regime di Bashir, Salah Gosh, ex capo dei famigerati servizi segreti sudanesi, i quali avevano la fama di essere i migliori e più agguerriti del continente africano. «Per il momento si tratta di piccole concessioni da parte dell’esercito – sostengono però i manifestanti –, continueremo a manifestare».

Per altri aspetti, infatti, la crisi sudanese non è stata ancora del tutto superata. Il Consiglio militare transitorio ha riconfermato ieri un periodo massimo di due anni per «riportare l’ordine e

preparare nuove elezioni». Solo alla fine di questo processo il Paese potrà scegliere un governo civile al posto di quello militare. Il comandante delle Forze di reazione rapida (Rsf), il generale Mohamed Hamdan Daqlu, ha invece chiesto che la transizione sia compresa tra i tre e i sei mesi.

«È necessario riconsiderare la Costituzione attraverso un comitato che coinvolga tutte le forze sudanesi – ha spiegato Daqlu –. L’attuale ruolo del Consiglio militare sarà quello di salvaguardare la situazione economica e tutelare i bisogni fondamentali dei cittadini». Ma i gruppi di oppositori scesi in diverse piazze del Sudan dallo scorso dicembre non hanno intenzione di mollare. La loro richiesta non è cambiata: «L’immediato passaggio a un’autorità civile e il rifiuto della presenza ai vertici di persone che sono state nell’entourage dell’ex presidente, Bashir».

Matteo Frascchini Koffi per AVVENIRE - 14 aprile 2019 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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